di Fabrizio de Jorio
Che l’Italia debba risolvere il problema dell’ eccessiva durata dei procedimenti e dei processi, in ogni tipo di giurisdizione, è noto a livello internazionale. Siamo il paese più condannato d’Europa dalla Corte di Giustizia per violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Dagli anni ’90 in tutte le relazioni dei Procuratori Generali presso le Corti di Appello viene sottolineata la perdurante inosservanza del precetto costituzionale della ragionevole durata del processo e la scarsa effettività del sistema penale nel suo complesso. L’Italia è prima per casi pendenti nella lista della Corte europea dei diritti dell’uomo aggiornata al dicembre 2011. Non solo, la Corte di Strasburgo, essendo un organismo del Consiglio d’Europa, non considera solo i Paesi Ue ma anche alcuni extra europei (47 Paesi in totale compresi Turchia, Russia e Ucraina). Sono 2.522 le sentenze di condanna a carico dell’Italia ancora “pendenti”, cifra che vale il primato negativo per il quinto anno di fila, e che ci fa toccare le vetta dei 13.741 giudizi non applicati. Quasi quattro volte quelli della Gran Bretagna (3.663), 3.003 casi della Germania e ai 2.752 della Francia.
In Italia il sistema giudiziario da decenni - ormai a detta di magistrati, politici, avvocati, cittadini, associazioni e anche per l’Europa- non è in grado di svolgere con efficacia il compito di risolvere le controversie applicando le normative vigenti e nel rispetto della Costituzione. Sono gli stessi magistrati a lanciare l’allarme: basta leggere le relazioni annuali sullo stato della giustizia, civile e penale dei vertici dell’ordinamento giudiziario italiano di fronte alle massime cariche dello Stato per capire il rilievo e la gravità di questo fenomeno, sia in termini di violazioni di leggi vigenti, sia in termini di negazione dei diritti civili, politici ed economici dei cittadini. Ogni 12 mesi queste relazioni si ripetono con le medesime denunce , senza che alcun provvedimento venga preso dal legislatore o dall’esecutivo. Televideo, con questa serie di articoli sulla Giustizia, si propone l’obiettivo di informare i lettori sullo stato dell’arte del sistema, facendo parlare il più possibile coloro i quali la giustizia l’amministrano quotidianamente: magistrati ordinari, contabili e amministrativi, giudici di pace e avvocati, ma non solo. Sentiremo anche l’opinione dei funzionari e degli addetti alla cancellerie degli uffici giudiziari che rappresentano la linea di trincea della Giustizia: uomini e donne che maggiormente vivono la quotidianità e le tensioni di un lavoro spesso non adeguatamente considerato. Daremo spazio anche alle associazioni per capire come può il cittadino districarsi tra le maglie di una giustizia che fa acqua da tutte le parti. Parleranno anche i vertici del Csm, il Consiglio superiore della magistratura, che rappresenta l’organo di autocontrollo della magistratura e dell’Associazione nazionale magistrati, il sindacato delle toghe, per capire quali proposte hanno avanzato, anche a seguito dei rilievi di Strasburgo, per una magistratura moderna e come si preparano i giudici ad affrontare la sfida per una giustizia efficiente, efficace e soprattutto al servizio del cittadino. Il prossimo articolo vedrà l’intervista al vicepresidente del Csm, Michele Vietti, al presidente del Tribunale del Lavoro Fabio Massimo Gallo, al membro del Csm e giudice di Sorveglianza, Giovanna Di Rosa, al magistrato antimafia, Anna Canepa, al presidente delle Camere penali, Valerio Spigarelli. Sentiremo anche alcune vittime della Giustizia che non funziona, ma anche chi dalla giustizia ha riottenuto dignità come le vittime della mafia.
Severino: Migliorare il sistema giustizia per restituire competitività all’Italia Un impegno del governo e del ministero della Giustizia di fronte al Plenum del Csm
Vietti (Csm): i magistrati non sono responsabili delle lungaggini e delle violazioni se a monte il carico di lavoro è spropositato e il sistema giustizia impedisce di fatto il rispetto dei tempi per una ragionevole durata dei processi Il vicepresidente del Consiglio Superiore della magistratura, Michele Vietti, durante il Plenum delle toghe, ha ribadito al ministro della Giustizia, Paola Severino, le richieste dei magistrati: un impegno sulla riforma della Giustizia, partendo da quella civile “il fardello più pesante che il sistema giudiziario italiano si trova a dover affrontare”, ha aggiunto Vietti. Il plenum del Csm ha indicato anche la soluzione al problema della irragionevole durata dei processi, che ha visto l’Italia condannata dalla Corte europea di Giustizia per sistematiche violazioni ed inadempienze nei confronti dei cittadini. La rigidità del rito civile è tale da determinare eccessive lungaggini e complicazioni. Quindi i magistrati chiedono una riforma “veramente efficiente, oltre che efficace” che riveda anche il sistema delle impugnazioni, “un lusso che non possiamo più permetterci”. Insomma le toghe ritengono i tre gradi di giudizio non più in linea con i gradi paesi europei come Francia, Spagna, Germania e Regno Unito che hanno introdotto filtri di inammissibilità che limitano le impugnazioni, spesso ritenute inutili ma che gravano sul sistema anche economicamente, non solo sulla Giustizia. Il ministro Severino, nella sua replica, si è richiamata ad un impegno comune tra governo, ministro e Csm per “restituire competitività al Paese” partendo dall’eliminazione dell’arretrato civile, circa 6 milioni di procedimenti pendenti, “ad un sostanziale miglioramento delle geografia giudiziaria e più in generale, all’impatto del sistema giudiziario sulle nostre imprese e sulla nostra economia”.
Codice di procedura penale, meno rigidità e meno strategie processuali
Vietti, rivolgendosi al ministro della Giustizia, Severino, ha parlato delle “molte pecche del codice di procedura penale”, pecche che derivano da scelte “non felici dalla sua introduzione e che si sono aggravate a seguito della stratificazione di norme non tutte compatibili con la scelta tendenzialmente accusatoria del suo impianto originale”. Vietti ha fatto riferimento in particolare alla disciplina della prescrizione che “induce a strategie processuali dilatorie”, a seguito della quali se il processo dura troppo o interviene la prescrizione, i magistrati non possono essere responsabili delle lungaggini. Per questo le toghe chiedono una prescrizione sul modello europeo, che interrompa il decorso dal momento in cui inizia il processo o quantomeno dal momento in cui si accerta il reato e non da quando il reato viene compiuto. Il ministro della Giustizia, Severino risponde che l’impegno del governo è “tenere fede agli obblighi comunitari attraverso proposte concrete di riforme del sistema penale, sia sostanziale, sia processuale”. Certo, aggiunge Severino, sarà il Parlamento a valutarne il contenuto delle proposte ed anche il merito. Sulle riforme, però aggiunge il ministro, grava “la carenza delle risorse finanziarie”. Su questo argomento, vedere l’intervista del consigliere di Cassazione, Carlo Citterio, magistrato presso la VI sezione penale.
Responsabilità civile dei magistrati: ancora divergenze Basta scontri ideologici, perché quello della responsabilità è un elemento “di straordinaria delicatezza nell’amministrazione della Giustizia”. Un giudice, sottolinea Vietti, “che non è sereno, è un rischio non solo per coloro che sono sottoposti al suo giudizio, ma per l’intero sistema”. Quindi bisogna evitare soluzioni diverse rispetto agli altri paesi europei. Vietti non critica apertamente l’ipotesi di modifica della legge n.117/88 che prevede la responsabilità del magistrato per “dolo o colpa grave”, ma chiede che in caso di contenzioso tra giudice e cittadino, sia lo Stato a dover essere citato in giudizio per eventuali responsabilità del giudice e non direttamente il magistrato.
Ddl anticorruzione: i politici non trovano accordo, i magistrati chiedono tempi brevi
Dopo mesi di paziente mediazione politica del ministro della Giustizia Paola Severino, settimane di tavoli tecnici e vertici, la maggioranza che sostiene il Governo Monti non riesce a partorire l'ombra di un accordo sul ddl anticorruzione. Nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera il Governo ha dato i pareri sui subemendamenti all'emendamento Severino, che riassume le norme penali proposte dalla guardasigilli. "Sono preoccupata su questo ddl - dice la finiana Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia - perché non è prevedibile nemmeno come uscirà dalla commissione", visto che "non esiste nessuna condivisione sul tema". In ogni caso il ddl andrà in aula il prossimo 28 maggio perché "non possiamo più chiedere al presidente della Camera un ulteriore rinvio". Se la politica non trova l’accordo, per i magistrati, invece, la riforma della corruzione, richiesta a gran voce dall’Europa, si deve fare e presto anche perché, spiega il vicepresidente del Csm, “serve al Paese per agevolarne l’uscita dalla crisi”. La corruzione “è un male antico perché ha un effetto di freno all’economia perché altera il regime di libera concorrenza e viola le fondamentali regole della convivenza”. Ma a criticare il testo del Ddl anticorruzione c’è anche l’Associazione nazionale magistrati, il cui presidente, Rodolfo Sabelli (vedi intervista) ritiene sia troppo blando nelle pene previste che “non consentirebbero l’utilizzo di efficaci strumenti di indagine”.
Severino: i 325 magistrati vincitori di concorso “verranno assunti entro giugno”
Vietti e l’Anm lo chiedevano da mesi anche per sopperire alle carenze di organico della magistratura ordinaria
Tutto il Csm chiede a gran voce, sostenuto anche dall’Associazione nazionale magistrati, di assumere i 325 giudici che hanno superato l’ultimo concorso, prima che si concluda il successivo concorso. Il ministro accoglie l’appello e pur con tutte le cautele e “dopo un travagliato e complesso iter politico-amministrativo, prevede che i 325 giudici “verranno assunti entro giugno”. Vietti accenna anche alle intercettazioni telefoniche, per le quali il ministro aveva annunciato una gara nazionale per ridurre le spese: “O smettiamo di parlarne, o troviamo un punto di equilibrio tra il mantenimento di questo insostituibile strumento di indagine”. I magistrati, da sempre contrari alle limitazioni delle intercettazioni, sono d’accordo a trovare una soluzione che si armonizzi con la libertà di stampa e con la riservatezza per chi non è coinvolto in illeciti penali”.
Severino: presto in dirittura d’arrivo il Tribunale delle Imprese
Il ministro della Giustizia, annuncia anche una importante riforma: quella del Tribunale delle Imprese. “Si tratta di una riforma che assume un rilevo centrale per il recupero della competitività del Paese rispetto agli altri concorrenti europei”. Severino chiede la piena collaborazione e il contributo del Csm “affinchè in fase di avvio si possano tempestivamente predisporre le peculiari misure organizzative necessarie, nonché la fondamentale questione degli organici dei magistrati nelle sedi ove è previsto un sensibile aumento dei carchi di lavoro in conseguenza degli operati accorpamenti”. Severino per far decollare questa nuova riforma ritiene necessario l’adeguamento “degli organici destinati al Tribunale delle Imprese” e quindi chiede il sostegno del Csm per “l’adozione di modalità idonee ad affrontare il tema”.