Conversione religiosa


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Ignoranza e pregiudizio

L’abbraccio tra le minoranze abramiche

‘Isa ‘Abd al-Haqq Benassi è il responsabile sezione giovani di Coreis, convertito all’Islam all’età di 22 anni, oggi 28enne. Nato cristiano cattolico credente praticante. Laureato in filosofia e lingue orientali, parla, legge e scrive l’arabo.

Perché sempre più italiani si convertono all’Islam? Forse perché aumentano i matrimoni misti?
“I motivi sono vari”, risponde Benassi che spiega qual è stata la ragione che ha spinto lui a diventare musulmano. “La conversione non è un passaggio da una forma di religione a un’altra. È la conversione a Dio. Io ho fatto un percorso, non ho rifiutato il cristianesimo, ma ho accettato il messaggio delle tre rivelazioni di Dio. Per me è stata una vocazione religiosa, non c’entra nulla il fanatismo. Le tre religioni monoteiste sono diverse e successive, ma il Dio è unico”.

Qual è stata la reazione della sua famiglia e dei suoi amici alla sua conversione?
“C’è stata la necessità di comprendere e sostenere. Il mio è stato un cammino diverso e non alternativo”.

Cosa risponde a chi dice che i musulmani sono violenti, terroristi e maltrattano o uccidono le mogli e i figli se non fanno come dicono loro in nome di Allah?
“La causa del pregiudizio è l’ignoranza di ciò che è la vera fede, e questo è molto dannoso, è la degenerazione della fede. Le tradizioni si prestano alle strumentalizzazioni. La religione ha a che fare con l’interiorità e non ha nulla a vedere con la politica. Su questo c’è molta confusione e in questo modo si dà una brutta immagine della religione”.

I cristiani non hanno un lingua sacra, mentre gli ebrei e i musulmani sì. E tra le prime differenze che balzano all’occhio quando si pensa all’Islam sono le donne velate.
“È obbligatorio per i momenti di culto perché significa velare la propria individualità e mettere da parte il proprio egoismo di fronte a Dio. Non deve essere un segnale di distinzione, di contrasto o di differenza. Il velo è un’apertura alla spiritualità e all’umiltà. Ed è una scelta della donna, che comunque dal punto di vista della religione dovrebbe adottare sempre un certo tipo di comportamento”.

È importante spiegare e parlare alle masse per non creare fraintendimenti e pregiudizi. Ci parli della vostra collaborazione fraterna con l’Ugei (Unione giovani ebrei d’Italia)
“È un lavoro costruttivo tra minoranze religiose di comunità del monoteismo abramico nell’attuale società multi religiosa in Italia. Attraverso iniziative comuni manifestiamo le nostre ricchezze spirituali che vengono da un’unica fonte: Dio”.

Nella società contemporanea, quindi, è importante l’identità religiosa?
“Assolutamente sì. Senza la religione, la vita ha poco significato. Lo studio aiuta a capire, ma è importante la frequentazione spirituale, nel rispetto delle diversità. Noi cerchiamo di testimoniare e manifestare il volto autentico della tradizione islamica nel contesto della tradizione italiana e non come nei Paesi che sono indietro rispetto a noi storicamente, come l’Arabia Saudita o altri Paesi asiatici”.

(McdM)