Elezioni politiche in Algeria


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Sfida tra islamici e vecchi poteri

In lizza 44 partiti, chance per le donne bouteflika_algeria_296

di Bianca Biancastri
(b.biancastri@rai.it)


Difficile dire cosa aspettarsi dalle elezioni legislative algerine del 10 maggio, il più importante voto politico nel Paese nordafricano da oltre vent’anni,per la prima volta ufficialmente aperto a tutti. Forse un risultato molto frammentato, visto l’esercito di candidati di ben 44 partiti in competizione per gli scranni parlamentari, che potrebbe permettere al vecchio governo di Algeri di continuare a dominare l’Assemblea nazionale. O forse una vittoria dei partiti islamici, che avrebbero una nuova chance per guidare il Paese, così come accade nei Paesi del Nord Africa in transizione dopo la Primavera araba. Dopo le riforme politiche introdotte a ottobre dal presidente Bouteflika per arginare i venti di rivoluzione e perorare la riconciliazione nazionale, forte motivo di novità è la presenza trasversale delle donne tra i candidati, conseguenza della legge che riserva il 30% dei posti delle liste elettorali alla rappresentanza femminile. Poi ci sono i socialisti, che dopo aver boicottato per 15 anni le diverse prove elettorali, tornano a scendere in campo.

Ma il Paese sembra pensare ad altro. La campagna elettorale, i cui temi si possono riassumere in “sicurezza, benessere, partecipazione”, si è svolta nel quasi totale disinteresse della gente. Tra l’altissimo tasso di disoccupazione e una inflazione record, l’astensione rischia di essere la vera incognita di questa sfida elettorale. Negli ultimi mesi, il governo ha dato il via ad una campagna di autopromozione imponente, sottolineando le grandi opere portate a compimento, come la metropolitana di Algeri, e le altre messe in cantiere, come la moschea della capitale che sarà la terza al mondo per dimensioni. Opere rese possibili dall’enorme disponibilità economica delle esportazioni di gas e petrolio, un fiume di soldi di cui poco o nulla arriva nelle tasche della popolazione, come denunciano i partiti di opposizione. La tensione c’è e si avverte anche nella repressione da parte della polizia delle manifestazioni di protesta contro la povertà e le disuguaglianze sociali. Ne sapeva qualcosa il ragazzo di 25 anni, Rechak Hamza, che comenica 29 aprile si è dato fuoco dopo che la polizia gli aveva smantellato il piccolo banco dove vendeva sigarette. E’ morto dopo 30 ore di agonia e in molti lo celebrano come Mohamed Bouazizi, il giovane tunisino che per le stesse ragioni si uccise dando il via alla “Rivoluzione dei gelsomini”. E sta per partire a giorni un piano del governo per arginare il drammatico fenomeno dei suicidi con il fuoco,una forma di protesta che dilaga tra i giovani del Paese africano, schiacciati dalla disoccupazione e dalla mancanza di prospettive per il futuro.

Gli algerini sembrano attivamente interessati al cambiamento anche se sono influenzati dalla storia del loro Paese. Queste sono le quinte elezioni legislative dopo l’era del partito unico (1962-1989) che segnò il primo periodo dopo l’indipendenza. Quando nel 1989, il sistema politico algerino si estese da un regime a partito unico, dominato dal Fronte di liberazione nazionale, a un sistema multipartitico, il Fronte islamico di salvezza vinse il primo turno delle elezioni. I militari intervennero annullando il secondo turno. Ne seguirono un decennio di violenze, anche terroristiche, dovute agli attacchi del Movimento islamico armato, e il soffocamento del nascente processo democratico. Forse per questo l’Algeria non ha avuto una “piazza Tahrir” nonostante le numerose manifestazioni di protesta nel gennaio del 2011, poco dopo l’avvio della Primavera araba.

Le ultime riforme di Bouteflika, in carica dal 1999, hanno permesso di aprire la politica del Paese per la prima volta da decenni a diverse formazioni politiche, molte delle quali islamiche. Tuttavia, nonostante le riforme e le decisioni di Bouteflika di invitare osservatori internazionali per monitorare il voto e di riaprire finalmente la discussione sulle modifiche alla Costituzione, alcuni partiti dell’opposizione dubitano che si tratti di una vera opportunità per cambiare il panorama politico del Paese.

 La sorte dell’Algeria si gioca probabilmente tra i due partiti al potere, il Fronte nazionale di liberazione e il Raduno nazionale per la democrazia nato da una costola del primo, e le sette formazioni islamiche moderate che non si presentano al voto unite. Ma anche il Fronte nazionale di liberazione è percorso da divisioni interne e sembra profondamente in crisi. Il presidente Bouteflika sarebbe riuscito tuttavia a ridefinirne gli equilibri interni in modo da mantenerne il controllo. Le candidature presentate nella lista dl Fln sembrano rispondere alla volontà presidenziale di costruire un partito diversificato, in grado di cooptare una vasta gamma di correnti politiche con elementi profondamente conservatori ben visti dai partiti islamici.. La stabilità del Paese, contro i moti della Primavera araba, sembra essere la priorità assoluta del partito al potere,mentre passano in secondo piano le discussioni per il “dopo-Bouteflika”,che avvenga nell’immediato in seguito alle proteste o alla scadenza naturale del mandato nel 2014. Intanto, i partiti islamici si aspettano un’ampia vittoria alle elezioni. Lo ha dichiarato Soltani, segretario del Movimento della società della pace, citando i risultati di sondaggi e ricerche secondo cui gli algerini sono pronti al cambiamento. A contendersi i 462 seggi dell’Assemblea nazionale, 25.800 candidati, tra cui 7.646 donne. Circa 24 milioni i cittadini chiamati a esprimere una preferenza.