Economia


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Fitoussi: Il 2009? Sarà difficile ma con segnali positivi

A colloquio con il guru dell'economia mondiale t

Parla bene l’italiano con la tipica inflessione francese. Ogni tanto infila nella conversazione qualche parola della sua lingua madre, ma si fa capire benissimo.

Jean Paul Fitoussi è considerato uno dei più grandi economisti mondiali, invitato ovunque per interpretare e analizzare eventi economici come quello che stiamo vivendo in questi ultimi mesi. Uno studioso che ha però il dono della sintesi e che, anche in questa intervista, arriva subito al dunque.

Professore, la crisi finanziaria che ha scosso anche l’economia reale è giudicata da molti la peggiore di sempre. E’ così?
Questa crisi finanziaria sembra essere la più forte dalla fine della seconda guerra mondiale. E’ una crisi che contiene rischi di disoccupazione di massa e di deflazione. Questo genere di crisi hanno purtroppo una caratteristica allarmante: si sa come ci si entra, ma non si sa bene come poi uscirne. Lo ripeto: può essere una crisi dalle conseguenze sociali drammatiche.

Le crisi che ricordiamo o che abbiamo letto sui libri di storia erano caratterizzate da inflazioni alle stelle, da svalutazioni monetarie catastrofiche. Ad esempio, rispetto al 1929 quali sono le differenze?
Diciamo subito che era forte nel ’29 ed è forte ora. Non sono però simili anche se hanno più o meno la stessa ampiezza. La grande differenza è questa: oggi gli Stati hanno una reattività più veloce di allora. Tutti gli Stati hanno abbandonato le vecchie dottrine economiche per reagire in modo rapido alla crisi. Ricordo quello che diceva  Keynes: le idee sono la cosa più importante nella vita economica. Se sono sbagliate non si può procedere positivamente. In questo senso gli stati hanno tentato di mutare rotta rapidamente.

Cosa ci dobbiamo aspettare nel 2009?
Un anno difficile ma con segnali anche positivi. Ritengo che la novità possa venire dalle scelte economiche dell’Europa che in tal modo finiranno per influenzare in modo positivo l’andamento economico internazionale, soprattutto negli anni a venire. Potrebbe essere questo uno dei cambiamenti più importanti indotti dalla crisi attuale.

E gli Stati Uniti di Obama possono interpretare ancora una volta il ruolo di locomotiva dell’economia mondiale?
Lo possono fare certamente. Basti pensare al piano messo a punto che è certamente il più poderoso che si stato concepito da decenni. Gli effetti però non si vedranno subito nel mondo nel 2009. Nel medio e lungo periodo avranno un’influenza importante.

I problemi più insidiosi  del 2009 quali saranno?
Naturalmente i maggiori timori riguardano la possibile caduta della produzione e della occupazione. Senza dimenticare la fase negativa degli investimenti. Ciò che serve allora sono sopratutto politiche di protezione sociale. Gli Stati europei in particolare, ma anche gli Stati Uniti,  sanno che non è accettabile  pagare alla crisi costi drammatici in termini sociali.  Ecco perché penso che ci si impegnerà su questo fronte con misure in grado di attutire l’impatto sociale della crisi.

E l’Italia?
Per l’Italia vale quello che abbiamo detto per l’Europa. E’ essenziale che essa si doti di un piano di protezione sociale efficace, ma anche che vada avanti con le politiche infrastrutturali e di modernizzazione. Anche se in questa crisi conta soprattutto quello che avverrà a livello internazionale ed europeo. Per paradosso l’Italia potrebbe perfino attendere una spinta alla ripresa che arrivi dal contesto internazionale. Ma detto questo è bene che si pongano in essere quelle politiche economiche e sociali utili a fronteggiare le immediate conseguenze  negative della crisi.

F. Ch.

 

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