Afghanistan


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Il terrore dell'operazione di primavera

I Talebani: continueremo per vendicare i misfatti Usa

di Nello Rega
(n.rega@rai.it)

“Quanto accaduto domenica scorsa dimostra carenze nei sistemi di sicurezza afghani e della Nato”. L’accusa è del presidente Karzai a cui è arrivata velocemente la risposta dell’Alleanza atlantica: “Professionale ed efficace l’attività di contrasto delle forze afghane contro gli attacchi talebani”. Due versioni a confronto, due lati della stessa medaglia che ha ben impressa la data del 2014. Tra due anni, infatti, l’Afghanistan passerà completamente sotto il controllo delle forze di sicurezza locali e questo dà maggiore forza ai talebani.

Domenica scorsa, con scene come nei vecchi film ambientati nel Far West, Kabul e altre zone del Paese sono state messe a ferro e fuoco dai militanti talebani o, come li chiamano le forze Nato, “gli insorgenti”. Presi di mira ambasciate, palazzi del potere, hotel di prestigio, uffici pubblici. Alla fine il bilancio è stato di 47 morti, 36 dei quali talebani. “L’offensiva di primavera”, così come è stata definita da un portavoce degli islamici integralisti, è “la risposta al rogo dei Corani, ai raid contro i civili della Nato e ai 17 afghani uccisi da un soldato americano”. Una risposta dura che, a detta dei talebani, continuerà. Ma nulla, o quasi, è casuale.

Il tutto è successo a un mese dal summit della Nato di Chicago in cui si discuterà di Afghanistan, a 7 mesi dalle elezioni negli Stati Uniti e con i colloqui di pace in Qatar bloccati da settimane. Un messaggio senza mezzi termini all’amministrazione Obama. Secondo i maggiori analisti, le azioni dei talebani aumenteranno, una sorta di pressione costante per ottenere di più in un tavolo di negoziato e essere determinanti nel futuro assetto politico dell’Afghanistan.

“Quello che è successo domenica non ha cambiato nulla nel nostro sistema di sicurezza. Nessun aumento perché qui lo stato di allerta è sempre massimo”. Il tenente colonnello Francesco Tirino è il portavoce del contingente italiano in Afghanistan. Dal 31 marzo scorso la Brigata Garibaldi, agli ordini del generale Luigi Chiapperini, è schierata nella zona occidentale dell’Afghanistan e controlla 4 province: Herat, Ghor, Farah e Badghis. “I talebani hanno come obiettivo quello di minare la credibilità delle istituzioni afghane e della missione Isaf, ma la risposta delle forze di sicurezza di Kabul, anche domenica scorsa, ha evidenziato che il lavoro fatto finora è stato più che importante”, aggiunge il portavoce Tirino.

La missione dell’Isaf (International Security Assistance Force) è stata costituita a seguito della risoluzione Onu n. 1386 del 20 dicembre 2001. Dal 2003, con la risoluzione Onu n.1510, Isaf è guidata dalla Nato con la presenza di oltre 130 mila militari appartenenti a 49 Paesi. Il contributo maggiore è fornito dagli Usa (90 mila unità). Seguono Gran Bretagna (9.500), Germania (4.818) e Italia con 4.200 militari. Nel vertice Nato di Lisbona del novembre 2010 è stato deciso il ritiro delle truppe entro il 2014, quando le forze afghane avranno assunto il totale controllo della sicurezza sul territorio. La missione Isaf è stata ripartita in 5 fasi.

“Siamo ora nella fase numero 4, ovvero la transizione. Dallo scorso agosto sono in atto procedure per dare il controllo del territorio alle forze afghane. A luglio Herat e Ghor dovrebbero passare alle sicurezza di Kabul. Il prossimo anno dovrebbe toccare a Badghis e Farah”. Ma cosa significa transizione e come continuerà l’impegno militare in Afghanistan? “Significa che daremo supporto ai militari afghani e interverremo a richiesta delle autorità locali. Nel frattempo proseguirà l’addestramento delle truppe afghane. Quello che vediamo tutti i giorni è che ad oggi la nostra attività ha raggiunto i suoi obiettivi. In tutte le operazioni congiunte osserviamo il grado di professionalità dei nostri colleghi afghani e la loro voglia di essere in prima linea”.

Un lavoro, quello descritto dal tenente colonnello Tirino, che non è stato indolore. Anzi. Dall’inizio della missione Isaf i militari Nato morti sono stati oltre 2.500. Il contingente italiano ha perso sul campo 50 soldati. I morti civili, secondo diverse stime, sarebbero quasi 14 mila. Alla fine del 2011 i soldati e poliziotti afghani addestrati da Isaf sono stati 305 mila. Numeri questi che forse non saranno ignorati a Chicago, dove a maggio l’Alleanza atlantica dovrebbe varare nuove indicazioni sulla fine della missione Isaf, prevista per il 2014. Ma da oggi fino ad allora i talebani non attenderanno “in silenzio”. E dall’offensiva di primavera potrebbero passare a quella dell’estate. E così via.