I film del week end


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Diaz

di Sandro Calice

Diaz

di Daniele Vicari, Italia 2012, drammatico (Fandango)
Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, David Jacopini, Ralph Amoussou, Fabrizio Rangione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia, Antonio Gerardi, Paolo Calabresi.


Lo Stato e le istituzioni italiane, che già in questo periodo non godono di grandi simpatie, subiscono un colpo micidiale da due film, ora nelle sale, che ne raccontano l’anima nera: prima “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana e ora “Diaz” di Daniele Vicari, se possibile ancora più angosciante del primo, perché più vicino nel ricordo e più chiaro nei fatti.

C’è una bottiglia che vola nel cielo di Genova, la scaglia un ragazzo in direzione di una macchina della polizia, si infrange in terra. Sono i giorni del G8, dal 20 al 22 luglio 2001, i grandi della terra sono riuniti per discutere del futuro e nella città ligure arrivano circa 300mila persone da tutto il mondo per rivendicare la loro idea di futuro. C’è un giornalista della Gazzetta di Bologna che vuole essere sul posto per vedere di persona cosa succede. C’è l’anarchica tedesca che insieme a un ragazzo del Genoa Social Forum e a una giovane legale si occupa dei dispersi dalla sala di controllo allestita all’interno del complesso scolastico Diaz-Pascoli. C’è il manager arrivato a Genova per seguire un seminario, c’è il vecchio militante della Cgil, ci sono gli anarchici francesi. Alcuni sono lì solo per devastare, violenti, organizzati, la maggior parte invece vuole solo partecipare da protagonista a un evento storico. Ma quando Carlo Giuliani viene ucciso da un proiettile sparato da una camionetta dei carabinieri tutto cambia. E tutte le storie convergono in quel marginale ma fatale momento in cui la bottiglia si rompe sull’asfalto, vicino alla macchina della polizia. La notte del 21 luglio centinaia di poliziotti irrompono nella Diaz: è un massacro, 93 persone vengono arrestate dopo aver subìto violenze indicibili. Inermi, privati dei loro diritti, vengono trasferiti nella caserma di Bolzaneto, dove per molti di loro la notte sarà ancora più buia.

“Diaz” è un film potente, che prende allo stomaco, di feroce dolore. Ancora di più quando si pensa che tutto quello che vediamo è vero, è accaduto realmente, preso dagli atti processuali e dalle sentenze della Corte d’Appello di Genova (e anzi, il pm Enrico Zucca ha commentato: “Diaz violento? È stato molto peggio”). Chiunque può farsene un’idea, non fossero bastate le cronache giornalistiche o nel caso se ne fosse persa la memoria, dando un’occhiata su www.processig8.org. Ma è un film: Vicari (“Velocità massima”, “Il passato è una terra straniera”) non cade nella tentazione del documentario. Manca infatti, e volutamente, la ricostruzione della temperie politica che portò a quella situazione. Perché il regista racconta una storia, tante piccole storie in realtà, attorno al tema di fin dove può spingersi una democrazia per poter continuare a chiamarsi tale, in quello che alla fine somiglia molto a un film di guerra, o meglio “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale”, come l’ha definito Amnesty International. A Genova ci furono manifestanti violenti e colpevoli di devastazioni, ma furono una minoranza. I ragazzi della Diaz, che invece erano quasi tutti estranei alle violenze, furono brutalizzati e torturati senza motivo. E Vicari riesce bene nell’intento dichiarato di trasferire allo spettatore la sensazione di spaesamento e impotenza che provarono i protagonisti di quell’orrore. Impotenza che si trasforma in rabbia, insopportabile, tanto che desideri che all’improvviso arrivi l’eroe dei film americani a spaccare il muso ai cattivi. Ma l’eroe non c’è, questa e la realtà. E non si può non avere la terribile sensazione che la Diaz rappresentò l’inizio barbaro ed eccessivo di un periodo in cui il senso di impunità e il non rispetto delle regole democratiche sarebbero diventati parte integrante ed esibita della vita istituzionale e politica di questo Paese. Le vicende di Genova diedero luogo a due processi: quello per la Diaz, su oltre 300 poliziotti coinvolti, ha visto condannate in appello solo 27 persone per lesioni, falso in atto pubblico e calunnia. Lesioni e calunnia sono ormai prescritti. Nel processo per i fatti di Bolzaneto, invece, non esistendo nel nostro ordinamento il reato di tortura, sono state condannate 44 persone per abuso d’ufficio, abuso d’autorità contro arrestati o detenuti, violenza privata. A giugno c’è la Cassazione. Una circolare del ministero dell’Interno vieta di rilasciare dichiarazioni sul film. Il produttore di “Diaz”, Procacci, ha commentato: “Spero che il ministro Cancellieri lo veda e che ci sia una assunzione di responsabilità prima della Cassazione, in un Paese in cui si confonde prescrizione di reato con assoluzione”.