Musica, un disco corale


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Pacifico: ‘Duetto per il piacere d'ascoltare’

'Una voce non basta’ l'album parigino del cantautore milanese pacifico_unavoce_non_basta_296

di Roberta Balzotti

E' il giocoliere delle parole e non è forse un caso se la sua notorietà abbia avuto inizio proprio dalla canzone “Le mie parole”. Oggi, Luigi, detto Gino, De Crescenzo, in arte Pacifico, è uno degli autori più ricercati. E ogni due, tre anni dà alla luce un album proprio. L'ultimo, “Una voce non basta” (Sugar), è un disco corale, composto da quattordici duetti e al quale, tra cantanti e musicisti, hanno collaborato venticinque artisti italiani e internazionali.

Come hai scelto gli artisti che hai chiamato a duettare con te?
Alcuni duetti sono venuti naturali, come, per esempio, quelli con Samuele Bersani, Musica Nuda (il duo Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, ndr), Malika Ayane. Con loro ho già fatto altre cose nel corso degli anni; ormai sono collaborazioni stabili. Poi sono andato a cercare artisti che amavo, ma che non conoscevo bene personalmnete, come Francesco Bianconi (Baustelle, ndr) o Cristina Donà. Altri, come N.A.N.O. o Manupuma Bosone, anche se non ancora noti, hanno sempre o delle storie o dei dischi molto belli, di valore.

In “L'Ora misteriosa” canti insieme con la tua compagna, Cristina Marocco: com'è stato, com'è il vostro rapporto artistico?
Ho letto un po' di biografie delle coppie di artisti e conosco bene da dentro le difficoltà e le facilitazioni di lavorare insieme. Con Cristina c'è stato un grado di comprensione e anche di naturalezza nell'esecuzione, tanto che il risultato della canzone è stato veramente semplice. Avevo un paio di pezzi, lei ha scelto questo che descrive un momento di intimità.

Buio, luce, pioggia, estate sono elementi che ricorrono spesso nelle tue canzoni e quindi anche in quest’ultimo album. E qui c'è soprattutto tanta estate: due canzoni la contengono addirittura nel titolo, ossia “Dolce sia l'estate (L'estate di chi sa)”, cantata con Raiz, e “Solo se ci credi (L'estate che ti aspetta)”, con Manupuma and The Maestro. Casualità o cos'altro?
E' una pecca stilistica non totalmente imputabile a me. Ho scritto diversi pezzi per gli artisti che ho interpellato e loro hanno scelto proprio quelli con l’estate. Io ne avrei messa una, perché è vero, l'estate, è diventata una presenza costante. A un certo punto, ne avevo altre due, volevo fare un disco per l'estate (ride). Comunque questa cosa degli elementi è un momento di sfogo delle canzoni: ci sono le sospensioni che dà la pioggia e c’è l'estate che, quando arriva, porta promesse per tutti, poi mantenute o meno.

Ormai sei di casa in Francia, la tua compagna vive lì da anni. Quanta Parigi c'è in questo disco?
L'ho scritto tutto lì. Andavo ogni giorno, per sei mesi, in uno scantinato preso in affitto, e mi mettevo a lavorare con grande disciplina. Avevo sempre Parigi negli occhi e le canzoni, che stavano prendendo forma, sempre nelle orecchie. Quando torno a Parigi, ora, mi rendo conto che riconosco le canzoni, la scenografia intorno che è stata decisiva.

Dal mese prossimo sarai in tournée: come farai a portare un disco di duetti sul palco?
Ci sarà una cantate di matrice jazz, Simona Severini, molto giovane, una voce fresca. E così l'alternanza delle voci renderà giustizia, anche dal vivo, a canzoni pensate per essere cantate in due. Avere accanto un'altra voce mi solleva, come è stato nel disco, e mi dà anche il piacere di ascoltare oltre che di cantare. Durante i concerti ci saranno comunque ospitate non previste, estemporanee: chi ha voglia, chi non è in promozione, chi è vicino... Il palco sarà sempre una porta aperta. C'è poi l'idea di fare un evento, magari in coda al tour, prendendoci un po' di mesi per organizzarlo, invitando tutti o quasi tutti coloro che hanno partecipato all'album.

Un'ultima curiosità: hai scritto per Nannini, Vanoni, Celentano, Bocelli, Morandi, Zucchero e tanti: come ti senti nelle vesti di quello che “tutti vogliono cantare una canzone di Pacifico”?
La cosa m'inorgoglisce ma è anche un lavoro molto complesso. Non è che a questi artisti mandi la prima canzone e funziona. Quindi sono in apprensione, sempre, per trovare la chiave giusta, la frase giusta. Credo poi che ci sia, assieme al merito, il fatto che non siamo rimasti in tanti a scrivere per gli altri. Di autori ce ne sono un pugno. Quelli che ci provano sono in tanti ma quelli che riescono a confermarsi negli anni non sono in tanti. Oggi c'è più questa spinta cantautorale dell'interprete, che sente la necessità di testimoniare cose sue.