di Maurizio Righetti
La PKU, acronimo inglese per fenilchetonuria, che nei paesi sviluppati colpisce circa 1 bambino su 10.000, è una malattia genetica che provoca danni cerebrali tra cui, nei casi più gravi, ritardo mentale, e problemi motori. E’ caratterizzata dalla carenza di fenilalanina idrossilasi (PAH), l’enzima responsabile del metabolismo di uno degli amminoacidi essenziali presenti nelle cellule di tutti gli esseri viventi: la fenilalanina; l’accumulo di questo amminoacido non trasformato è la causa dei danni al sistema nervoso centrale. Ne hanno parlato a Roma i massimi esperti internazionali.
Marcello Giovannini: “Facciamo screening neonatale in 19 centri italiani”
A fornire un quadro dell’incidenza della patologia in Italia è Marcello Giovannini, professore emerito di Pediatria all’Università di Milano, presidente della Società Italiana di Nutrizione Pediatrica: “L’iperfenilalaninemia – ha spiegato - ha un incidenza annuale complessiva in Italia pari a 1 su 3.494 nati vivi, ed in particolare 1 paziente su 8.681 necessita di un trattamento specifico. Nel nostro Paese sono 19 i centri che eseguono lo screening neonatale, obbligatorio per legge dal 5 febbraio 1992, e grazie all’identificazione precoce della patologia è oggi possibile prevenire il ritardo mentale grave ed irreversibile, evoluzione tipica della fenilchetonuria non trattata”.
Alessandro Burlina: “Importante il programma assistenziale per il paziente adulto”
“Questi pazienti sono inizialmente presi in cura da pediatri con competenze specifiche e grazie a loro numerosi bambini malati raggiungono l’età adulta; tuttavia, trattandosi di patologie croniche – ha precisato Alessandro Burlina, primario della Clinica Neurologica dell’Ospedale di San Bassano (Vicenza) -, con l’avanzare dell’età emergono nuovi problemi medici; alcuni di questi rappresentano manifestazioni della malattia stessa, come ictus, disturbi comportamentali o cognitivi, ma purtroppo ancora oggi non vi è un percorso specifico che definisca le competenze, le figure medico-specialistiche e quindi un programma assistenziale per il paziente adulto.”
Non più solo terapia dietetica. L’impegno della comunità scientifica
Fino a pochi anni fa, l’unico strumento a disposizione dei medici per la cura dei pazienti affetti da PKU era rappresentato dalla terapia dietetica, che prevedeva limitazioni nell’assunzione delle proteine ricche di fenilalanina. Ultimamente la ricerca sta arricchendo le conoscenze scientifiche ed offre l’opportunità di individuare nuovi strumenti terapeutici. “Gli sforzi della comunità scientifica - ha dichiarato il Nenad Blau, della Divisione di Patologie metaboliche ereditarie dell’ospedale pediatrico dell’Università tedesca di Heidelberg - si stanno oggi concentrando sul meccanismo d’azione di una nuova molecola, la sapropterina dicloridrato, più comunemente nota come BH4, e sul ruolo dei neurotrasmettitori metabolici monoaminici presenti nel cervello dei pazienti affetti da PKU”. “Il gruppo europeo di studio sulla Pku (Epg) e Serono Symposia International Foundation – ha sottolineato Michèle Piraux, Segretario cda di Ssif – intendono proseguire nell’impegno di alto livello scientifico e di condivisione degli attuali traguardi raggiunti dalla ricerca clinica e scientifica nel campo della PKU.”