Fisica delle particelle


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Il neutrino non ha scorciatoie

Intervista al direttore scientifico del Cern e

di Emanuela Gialli

Il progetto di Carlo Rubbia al Gran Sasso, “Icarus”, ha misurato la velocità del neutrino e si è visto che in effetti non supera quella della luce. Un’altra sconfitta per il team di Opera, che per primo si era auto-inflitta un mese fa ripetendo la misurazione e accorgendosi che una strumentazione non aveva funzionato in modo corretto. Altri quattro test attendono ora di dare la risposta definitiva sulla “questione neutrino”: dovrebbe arrivare entro maggio. E se dovesse finire in parità, cioè tre misure a favore e tre contro? Intervista al direttore scientifico del Cern di Ginevra, Sergio Bertolucci.

Con la nota del Cern, diffusa dopo le misurazioni del Progetto Icarus, di Carlo Rubbia, ormai si va delineando il fatto che quella misura registrata a settembre dall’équipe di Opera era dovuta, come è stato detto un mese fa dagli stessi ricercatori del progetto, a un errore, al malfunzionamento di una macchina. Dunque lei è certo di questo, anche se bisognerà ripetere ancora le misurazioni?
Secondo me c’è qualche indicazione, anche dall’esperimento Lvd del Gran Sasso, che Opera (le strumentazioni di Opera, ndr.) potrebbe aver calcolato male i ritardi del tempo. La scienza però richiede sempre molta precisione e molto rigore. Ora bisognerà ripetere la misura, come era stato già programmato, con quattro esperimenti al Gran Sasso, Opera, Icarus, Borexino e Lvd, che esamineranno il fascio di neutrini, che ancora una volta manderemo noi dal Cern di Ginevra.

Tempo fa era stata sollevata dai ricercatori del progetto di Rubbia, Icarus, un’eccezione basata sulla teoria di Glashow. Si era detto: non è fondata questa misura per effetto di questa teoria (v. intervista al presidente dell’INFN, Ferroni, nell'Archivio di Televideo).
Sì, loro non avevano misurato le coppie di elettroni che avrebbero dovuto essere emesse nel caso che i neutrini fossero stati “superluminari”. Però quella era un’interpretazione molto elegante, fatta da un altro premio Nobel, Glashow, come Rubbia, di dati sperimentali alla luce di vecchie teorie. Per un risultato sperimentale, invece, la cosa migliore è ripetere la misura, in modo da essere confermata o confutata.

Quindi non c’era un preconcetto da parte del team di Icarus?
Assolutamente no. Icarus è un esperimento e i ricercatori che lo stanno portando avanti avevano osservato che in accordo con la teoria di Glashow non vedevano l’effetto della coppia di elettroni. Però questo non voleva dire che non volessero misurare la velocità.

Ora bisognerà ripetere le misure. Proprio per questo, non le sembra la sua affermazione, cioè che ormai c’è una evidente indicazione che qualcosa nella prima misurazione non ha funzionato, un po’ prematura? Non è il caso di aspettare?
Gli elementi che abbiamo puntano tutti in una stessa direzione: prima Opera ha trovato un effetto strumentale che sembra avere influito sul modo in cui al Gran Sasso misuravano il tempo, poi la misura di Rubbia, adesso infine un check tra Opera e Lvd, che verrà presentato la prossima settimana e che non posso anticipare. Per essere rigorosi, comunque, non basta dire, e mi riferisco alla mia affermazione, che molto probabilmente è così. E’ necessario ripetere la misura con altri quattro esperimenti, ad alta statistica, in modo da mettere una parola definitiva sul risultato finale.

Per poi tornare ai vostri progetti, analogamente ambiziosi, sia al Gran Sasso che al Cern.
Ma non abbiamo mai smesso di farlo. Forse si pensa che se si fa una cosa non se ne faccia un’altra. Noi lavoriamo in parallelo. Ricordiamo che Opera e Lvd sono due progetti che non misurano solo la velocità, ma anche le “oscillazioni” del neutrino (le trasformazioni del neutrino da un tipo a un altro, ndr.). Noi non capiamo così tante cose che se ne facessimo una per volta non ci sarebbe speranza di progredire nella conoscenza.

Ma lei al posto di Ereditato (responsabile del progetto Opera, ndr.), della sua équipe, sarebbe stato più prudente?
Non credo che possano essere accusati per questo. Loro hanno riflettuto molto su questo risultato, poi quando si sono convinti l’hanno reso pubblico. E mi creda, hanno avuto molto coraggio, perché non stavano dicendo qualcosa di scontato, ma che i neutrini sono le uniche particelle che conosciamo che vanno più veloci della luce. Non è cosa da poco. Sono stati molto coraggiosi. Ed è questo l’unico modo di procedere, tra l’altro. Perché, quando non si riesce a trovare nel proprio esperimento alcun motivo di errore, è doveroso esporlo ad una comunità più ampia, in modo che qualcun altro o trovi l’errore, o effettui la stessa misura indipendentemente. Nella Scienza moderna una misura è valida soltanto se può essere replicata da team separati, in posti diversi e con diverse tecnologie.

Il posto però nel caso dei prossimi quattro esperimenti è sempre lo stesso, il Laboratorio del Gran Sasso.
Sì, ma Icarus ad esempio ha il suo sistema per calcolare le correzioni, i ritardi da applicare alla misura. E questo è un sistema indipendente da quello di Opera. Quando ripeteremo la misurazione tra la fine di aprile e il mese di maggio, succederà che ciascun esperimento applicherà un proprio sistema di orologi. I neutrini invece continueremo a mandarli sempre noi dal Cern, perché siamo l’unica sorgente di neutrini che punta verso il Gran Sasso, a parte quelli che vengono dal cosmo. Noi siamo attraversati da miliardi di neutrini al secondo, molti però hanno bassissima energia e non si possono utilizzare per fare gli esperimenti.

Allora, ci diamo un appuntamento per maggio.
Sicuramente sì. A maggio, con quattro esperimenti in più, avremo risolto la questione. Qualunque sarà l’esito, resterà la più precisa misura della velocità dei neutrini mai effettuata prima.

I giornalisti come sa non seguono il metodo galileiano. Quindi io le chiedo, qualora dovesse risultare il neutrino più veloce della luce, di fatto per noi che cosa cambierebbe?
Non si sa ancora. Perché se quella misura fosse vera, non si potrebbe ad ogni modo dire che i neutrini vanno più veloci della luce. Si potrebbe dire che vanno meno veloci della luce, ma sono capaci di prendere le scorciatoie nello spazio-tempo. Faccio un esempio. Se lei apre un atlante, e traccia una riga da New York a Los Angeles, misura la distanza, la divide per la velocità della luce, avrà il tempo minimo che può metterci per andare da NY a LA. Ma immagini se la natura le permette di chiudere un po’ l’atlante, vedrà che la distanza a questo punto diminuisce, perché sta usando una dimensione in più, tre invece di due. E se addirittura può chiudere l’atlante, lei arriva da NY a LA in tempo brevissimo, perché le due località coincidono sulla carta, senza violare la legge di Einstein, senza avere bisogno di andare più veloce della luce. Per cui, se questa misura fosse confermata, cosa che io ritengo poco probabile per quello che ho detto prima, ma non lo escludo, non basterebbe per scrivere una nuova teoria. Sarebbero necessari molti altri esperimenti, perché questo risultato potrebbe, o avrebbe potuto, essere un’indicazione del fatto che non viviamo in un mondo a quattro dimensioni.

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La questione dunque non è accertare se il neutrino è più veloce della luce, ma se si muove in altre dimensioni e prende per così dire delle scorciatoie. A novembre il professor Antonino Zichichi diceva a Televideo: “Se la scoperta sarà confermata bene, si potrà concludere che lo spazio-tempo non può avere solo 4 dimensioni. Io dico che ne potrebbe avere 43”. Perché? Perché il ‘supermondo’ prevede questo”. Ma questa è la tesi di Zichichi. L’impressione, alla fine, è che se anche dovesse essere sconfessata la misurazione del neutrino, alla conclusione della possibile esistenza di altre dimensioni, oltre le quattro che attualmente si conoscono, si arriverà comunque attraverso altre vie sperimentali.