Manca personale


Stampa

L'Istituto di Bollea a rischio chiusura

Il centro di Neuropsichiatria infantile del Policlinico Umberto I rischia di chiudere i battenti. 'Il prof Bollea, il nostro padre fondatore, ci ha insegnato a essere tenaci. Non molleremo'. Medici, infermieri, assistenti insieme ai genitori e ai loro figli reclamano dignità nell' assistenza dei piccoli pazienti

di Paola Scaramozzino

Accanto all’Istituto agonizzante sono accorsi davvero in tanti e ognuno ha voluto fare la sua orazione, lanciare il suo grido di dolore perché la fine annunciata non arrivi. C’è anche una bara, nera, ma il funeral party non è macabro bensì festoso e colorato con l’orchestrina jazz stile New Orleans.

Una provocazione “per non essere ignorati” quella inscenata da tutti gli operatori dell’Istituto di Neuropsichiatria infantile del Policlinico Umberto I e per avvertire che il centro, punto di eccellenza e di riferimento di mezza Italia, isole comprese, creato e voluto da chi ha fondato la neuropsichiatria infantile, il prof. Giovanni Bollea, sta chiudendo “per consunzione” perché non c’è ricambio di personale e chi va via non viene rimpiazzato.

“Il personale è ridotto all’osso, siamo 10 psichiatri- ci spiega il prof. Ugo Sabatello, responsabile dell’Istituto- Non ce la facciamo ad assistere i bambini e i genitori che ci chiedono aiuto. Ciò significa che è difficile mantenere i Livelli Elementari di Assistenza come i ricoveri ordinari e diurni, la copertura dei turni, i ricoveri d’urgenza e di consulenza DEA Centrale e Pediatrico. Eppure abbiamo ampiamente dimostrato che questa struttura è stata in grado di eseguire più di 6mila visite ambulatoriali e nei presidi diurni, di effettuare più di 700 i ricoveri. Chiediamo l’assunzione di altro personale, tutto, da quello sanitario a quello amministrativo e la stabilizzazione del personale con contratti COCOCO.”.

“Esiste una dignità assistenziale e noi la vogliamo mantenere –dice Graziella Mastelli, caposala ma anche anima attiva di questo Istituto che certo non molla - Per un appuntamento di un bambino che manifesta un disagio, devo rispondere di tornare fra sei o otto mesi. Ma come si fa quando è stato appurato che la tempestività è fondamentale nel curare certe patologie soprattutto nell’età evolutiva?”.

“Io sono la mamma di Matteo, un bimbo di 4 anni che da quando ne aveva due ha manifestato dei problemi di linguaggio e di comportamento. Ci siamo rivolti all’Istituto ed è stata fatta una diagnosi ma avremmo dovuto aspettare mesi per essere seguiti. E allora ci siamo rivolti ai privati. Il bimbo ha fatto subito dei miglioramenti. Dopo un anno siamo stati accolti qui. Dove andrà Matteo che non parlava e adesso canta se questo centro chiuderà?”.

A prendere la parola sono in tanti, l’aula Magna dell’istituto è gremita. C’è la figlia di Bollea, Maria Rosa anche lei medico, la moglie del grande scienziato scomparso un anno fa, Marika. Ci sono i politici, per una volta a disagio di fronte a una madre che grida il suo dolore: “Dobbiamo essere –dice- una spina nel vostro piede e vi dovete ricordare di noi ogni giorno. Per i nostri figli che senza questo centro sarebbero sbandati, persi”. C’è anche il rettore della Sapienza, prof. Luigi Frati, e qualche contestazione quando prende la parola. Graziella lo invita a sentire, a ascoltare ma non dall’alto della cattedra le critiche che gli vengono fatte al fine di migliorare l’organizzazione. E poi ci sono gli specializzandi, gli ausiliari, gli studenti, i docenti e tanti bambini ed ex bambini legati all’Istituto. Qui si curano malattie neurologiche come l’epilessia ma anche patologie psichiatriche, disturbi del comportamento alimentare, disturbi ossessivi compulsivi e depressioni, si interviene sullo sviluppo cognitivo fin dai primissimi anni di vita Ma non solo: si fa ricerca, docenza e assistenza.

“Oltre all’assunzione di personale- spiega il prof. Sabatello –chiediamo che per la salute mentale e la salute neurologica e psicologica dei minori si inizi a discutere di una legge sulla salute mentale per l’età evolutiva, cosa che non è mai stata fatta. La legge 180, ossia la legge di assistenza psichiatrica, vale dai 18 anni in su, ma sotto i 18 non c’è legislazione, non c’è niente. E se non c’è niente significa che questi ragazzini sono davvero poco tutelati, e le loro famiglie con loro”.

E mentre si discute, arriva una prima risposta dalla Regione Lazio con la conferma del rinnovo del contratto COCOCO al neuropsichiatra grazie al quale è stato possibile tenere aperto il Centro anche ad agosto. Perché le malattie e i disagi dei ragazzi non vanno in vacanza. Anzi, ci sono periodi in cui l’abbandono sociale li accentua maggiormente.