di Maurizio Righetti
Morire fra le mura domestiche è un desiderio di tutti. E nel nostro Paese sembra che si possa realizzare più che altrove. Un dato positivo? Se dipendesse solo da scelte culturali, si potrebbe anche rispondere sì. Ma la ragione, purtroppo, non è sempre e solo quella. Secondo uno studio basato su dati Istat, promosso dalla fondazione Maruzza Lefebvre, il 43 per cento degli italiani, in particolare donne e soprattutto al Sud (anche per la minor diffusione di hospice per le cure di fine vita), trascorre la fase finale della vita fra nella propria abitazione (contro il 18 per cento del Regno Unito, il 25 per cento della Francia, il 30 per cento della Germania e il 22 per cento degli Stati Uniti); fra gli over 80 il dato sale al 50 per cento. Gli altri luoghi del fine vita sono gli ospedali, per il 53 per cento degli anziani, e gli istituti di cura, per il 4 per cento.
Le famiglie pagano un prezzo insopportabile
La tradizionale centralità e solidarietà della famiglia italiana esige però un prezzo enorme dalle famiglie stesse: si calcola infatti che una su tre con anziani inguaribili, lasciata sola ad accudire e accompagnare i propri cari verso il fine vita, spende la maggior parte o tutti i suoi risparmi. L'accesso alle cure palliative è molto difficile soprattutto per i più anziani. All'aumentare dell'età diminuisce infatti la probabilità di scegliere in piena autonomia il tipo di assistenza che si desidera ricevere: almeno un milione di anziani con malattie croniche non oncologiche inguaribili non sta ricevendo un'assistenza domiciliare adeguata e tutto ricade sulle spalle dei familiari, che spesso non hanno le energie fisiche ed economiche per garantire le cure migliori.
Silvia Lefebvre: “Necessario un tavolo di confronto e dialogo fra geriatri e specialisti in cure palliative” "Occorre sollevare il carico gestionale economico ed emotivo delle famiglie e promuovere un dialogo tra il mondo della geriatria e quello delle cure palliative, indispensabile per affrontare le problematiche di salute legate all’invecchiamento della popolazione. La sinergia tra queste specialità, come sta gia avvenendo negli Stati Uniti, è l’unica via per rispondere adeguatamente ai complessi bisogni degli anziani e garantire un’assistenza domiciliare che assicuri loro un’elevata qualità di vita” dice Silvia Lefebvre, presidente della Fondazione.
Adriana Turriziani: “C'è una diffusa sottovalutazione dei bisogni degli anziani”
"I bisogni degli anziani nelle ultime fasi della vita sono innumerevoli, ma molti non vengono soddisfatti perché c'è una diffusa sottovalutazione dei loro disagi, primo fra tutti il dolore che riguarda un anziano su 4 e che spesso non è riconosciuto né valutato – osserva Adriana Turriziani, presidente della Società Italiana Cure Palliative - Uno dei principali motivi dello scarso accesso alle cure palliative da parte degli anziani è senza dubbio il fatto che si tratta di pazienti con malattie croniche come scompenso cardiaco o demenza per le quali questo tipo di terapie non è mai stato preso in sufficiente considerazione. La probabilità che un anziano con malattie croniche arrivato in stadio terminale riceva un'assistenza adeguata per il controllo del dolore e la palliazione è perciò davvero minima; oggi è necessario lavorare per mettere a punto modelli assistenziali adeguati”.
Un' “assistente” su 4 è ultrasessantacinquenne
In questa situazione, tutto ricade sulle famiglie, due milioni di persone che in un caso su quattro hanno anch'essi più di 65 anni, di cui il 10% è costretto a ricorrere al supporto di una badante. E non stupisce che negli ultimi dieci anni, nonostante la maggioranza dei pazienti riesca a trascorrere la fase finale della vita a casa, la percentuale dei decessi al proprio domicilio sia diminuita di circa il 12 per cento. In questo panorama e in occasione dell'Anno Europeo per l'invecchiamento attivo e la solidarietà fra generazioni, anche i geriatri lanciano insieme ai palliativisti un appello alle istituzioni.
Roberto Bernabei: “Anziani ricoverati perché non c'è altro sbocco”
"Gli ospedali sono sempre più affollati da anziani che vengono ricoverati perché non hanno un'assistenza domiciliare adeguata ai loro bisogni: si stima che oltre la metà dei ricoveri e degli accessi al pronto soccorso riguardi proprio anziani con malattie croniche che non hanno altro sbocco. Riteniamo sia giunto il momento di ridurre questo via vai di ricoveri e dimissioni per promuovere servizi domiciliari e cure palliative come modello assistenziale poco costoso e sostenibile per l’economia sanitaria, più idoneo a garantire ai pazienti anziani con malattie croniche in fase terminale un’assistenza di qualità fra i propri affetti – spiega Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva -. E’ essenziale che venga riconosciuto il bisogno di cure palliative nei pazienti geriatrici non oncologici: tutti hanno diritto a un fine vita dignitoso, in cui vengano tenute in considerazione sofferenze e dolori che troppo spesso oggi restano silenziosi e non riconosciuti”.
La legge sulle cure palliative (38/2010): cos’è e cosa prevede
La legge 38/2010 tutela e garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza. Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del dolore devono assicurare un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei principi fondamentali della tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione; della tutela e promozione della qualità della vita in ogni fase della malattia, in particolare in quella terminale e di un adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia. Il Ministero della Salute promuove l’attivazione e l’integrazione di due reti della terapia del dolore e delle cure palliative che garantiscono ai pazienti risposte assistenziali su base regionale e in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. La legge ha semplificato la prescrizione dei farmaci oppiacei non iniettabili: ai medici del Servizio sanitario nazionale è consentito prescriverli utilizzando il semplice ricettario del Servizio sanitario nazionale.
La Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio
Il 18 ottobre 1989, dopo una brevissima malattia, scompare, a poco di più di quarant'anni, Maruzza Lefebvre D’Ovidio. Durante il difficile periodo della sua malattia la donna espime il desiderio di aiutare chi doveva affrontare il suo stesso destino. Nel 1999 nasce così la Fondazione che porta il nome di Maruzza e che mette in pratica il suo ideale di solidarietà: aiutare i malati non guaribili, rispettandone qualità della vita, dignità e valori. La Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio Onlus (Fmldo) persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale e opera per la diffusione e lo sviluppo delle cure palliative (CP) in Italia e all’estero, focalizzando le proprie attività sui pazienti incurabili più fragili e vulnerabili: i bambini e gli anziani. Impegno costante è la divulgazione delle CP con l’organizzazione di corsi di formazione nella propria scuola, tavole rotonde, convegni e la pubblicazione di volumi della collana editoriale “Il sole a mezzanotte”. Oggi la Fmldo è impegnata, a livello nazionale e internazionale, nella realizzazione di alcuni importanti progetti lavorando con esperti delle cure palliative e decisori politici per implementare e sviluppare nuovi modelli di assistenza. Impegno principale della Fmldo è il Progetto Bambino (l’attuazione della rete nazionale di CP pediatriche) in collaborazione con il ministero della Salute e le Regioni, cui la nostra Costituzione demanda gran parte delle competenze in materia sanitaria.