di Sandro Calice I MUPPET
di James Bobin, Usa 2012, commedia (Walt Disney)
Emily Blunt, Ricky Gervais, Amy Adams, Zach Galifianakis, Rashida Jones, Chris Cooper, Alan Arkin.
Alzi la mano chi non ha mai visto Kermit la rana, chi non ha riso alle freddure di Statler e Waldorf, i cinici vecchietti sulla balconata, o chi non ha mai canticchiato con Animal Mah Nà Mah Nà, che poi era stata scritta da un italiano, Piero Umiliani, per il film “Svezia, Inferno e Paradiso” (1968), ma questa è un’altra storia.
Walter è il più grande fan dei Muppet e vive con il fratello Gary a Smalltown. Walter è un Muppet, anche se non lo sa, e cresce col sogno di incontrare un giorno i suoi idoli. L’occasione si presenta quando Gary e la sua fidanzata Mary decidono di andare a Los Angeles in vacanza. Ma lì Walter scopre non solo che i Muppet Studios sono ormai dei ruderi, ma anche che il perfido petroliere Tex Richman vuole definitivamente raderli al suolo per impadronirsi del petrolio nel terreno sottostante, a meno che entro pochi giorni qualcuno non riesca a comprarseli per dieci milioni di dollari. Non c’è un minuto da perdere, Walter rintraccia Kermit, che ormai vive solo e nel ricordo dei bei tempi andati, e lo convince a fare l’impossibile: radunare di nuovo tutti i Muppet e mettere su uno spettacolo per raccogliere i soldi.
Nati a metà degli anni ’50 da un’idea di quel geniale burattinaio che era Jim Henson, diventati celebri a partire dal 1976 con “The Muppet Show”, con sei film alle spalle, tornano al cinema i pupazzi più famosi della storia della tv. Ci sono praticamente tutti, da Kermit a Gonzo, da Miss Piggy all’Orso Fozzie, da Animal a Rowlf, in un film che mantiene la loro natura originaria di espressive marionette di pezza animate senza effetti speciali e trucchi al computer. La storia è di quelle che vanno sul sicuro, riunire una banda di vecchie glorie sparse e disperse per il mondo per un fine nobile, alla Blues Brothers per intenderci. E gli autori restano fedeli allo spirito del creatore, con messaggi semplici e confortanti del tipo “se sei onesto e hai un sogno prima o poi ce la fai”, oppure che non conta l’aspetto ma come sei dentro. Peccato per le nuove musiche (perché di musical si tratta) non all’altezza dei classici e per l’aria da “operazione nostalgia”, che dovrebbe intenerire ma che intanto sacrifica il lato umoristico.
s.calice@rai.it
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