di Monica Moretti
Produrre energia “pulita”, creare lavoro e finanziare progetti per la comunità. La quadratura del cerchio è stata trovata a Melpinagno, comune del Salento celebre per il festival della Taranta. Qui a luglio l’amministrazione comunale ha promosso una cooperativa a responsabilità limitata per realizzare impianti fotovoltaici su edifici pubblici e privati. Hanno aderito 75 cittadini che sui tetti delle loro case hanno installato, in qualità di soci utenti, pannelli solari che, già adesso, producono energia. A realizzarli, in questa regione, la Puglia, dove la disoccupazione supera il 12%, sono stati i soci lavoratori, o società ad hoc già esistenti o appositamente costituite nel comune. La proprietà degli impianti è collettiva e il ricavato della vendita di energia in eccesso viene destinato a servizi e attività della comunità. Sì, perché proprio di una “cooperativa di comunità” si tratta, una cooperativa dove i cittadini diventano parte attiva (in qualità di utenti o lavoratori) e contribuiscono allo sviluppo del territorio in vario modo: dalla creazione di servizi basilari, venuti meno, come scuole, negozi o servizi socio assistenziali, allo sviluppo del turismo o dell’occupazione locale.
Il progetto rientra nell’omonima iniziativa “Cooperative di comunità”, promossa un po’ in sordina, nel 2010 da Legacoop, associazione che riunisce 15mila cooperative sul territorio nazionale. “Nasce dalla presa d’atto che in una serie di situazioni il mercato classicamente inteso o il pubblico non ce la fanno a reggere i bisogni delle comunità e a livello locale le condizioni di vita si degradano, tanto che alcune di queste cooperative erano già nate spontaneamente sul territorio. Ma con la crisi economica la situazione è anche peggiorata” spiega il presidente di Legacoop, Giuliano Poletti, nel corso della presentazione dell’opuscolo “Guida alla cooperative di comunità”, un vademecum pubblicato per chi vuole saperne di più , consultabile da giovedì 2 febbraio sul sito www.legacoop.coop.
“Nei nostri 180 piccoli comuni è fondamentale far rivivere lo spirito di comunità che negli ultimi 20 anni si è un po’ attenuato– dice Stefano Lucchini, presidente dell’associazione Borghi autentici, che insieme a Legambiente e Ferderlegno Arredo partecipa al progetto “Cooperative di comunità”-. Nell’attuale contesto economico, solo mettendo assieme le persone che vivono le esigenze della comunità 365 giorni all’anno è possibile realizzare servizi flessibili e multifunzionali che vanno dal fornire il pane all’anziano al tenere in piedi la scuola materna o l’unica sezione dell’asilo”. In Italia, nei piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti, vivono 10 milioni di persone, spesso in contesti disagiati, con difficoltà di accesso ai servizi. “Noi piccoli comuni siamo ritenuti un costo per la comunità, invece abbiamo grandi potenzialità di sviluppo – continua Lucchini -. Inoltre rappresentiamo il 70% del territorio italiano e delle sue fragilità, ad esempio quelle idrogeologiche. Unire il pubblico, il Comune, con il privato, la cooperativa, è un modo per continuare a presidiare il territorio”. A Cerreto Alpi, paesino di 80 anime, nel comune di Collagna (Reggio Emilia) già dal 2003, per esempio, 16 abitanti hanno dato vita alla cooperativa “I briganti di Cerreto”, con l’obiettivo di creare lavoro sfruttando le potenzialità turistiche della montagna reggiana, senza dover abbandonare il paese dove erano nati e cresciuti. Oggi, in cinque lavorano a tempo indeterminato nella cooperativa, prendendosi cura del verde e del territorio, gestendo alloggi e camere per uso turistico, organizzando corsi per le scuole e servizi vari, anche per conto di enti e privati. E hanno assunto anche un dipendente.
Poca cosa, all’apparenza. Ma con la liberalizzazione dei servizi locali, inserita nel decreto “Cresci italia” del governo Monti, il progetto cooperative di comunità di Legacoop, potrebbe diventare molto più ambizioso: “Adesso parliamo di piccole realtà, ma se con le liberalizzazioni il mercato si aprisse veramente – dice Poletti -, i cittadini utenti possono divenire protagonisti e candidarsi a gestire i servizi fondamentali. Un Comune potrebbe ad esempio affidare la gestione della raccolta rifiuti o della rete di acqua e gas a cittadini utenti. Del resto in alcune parti del mondo, là dove non c’è una storia di società pubbliche, questo accade già. Negli Stati Uniti o in Argentina, ad esempio, la rete elettrica è gestita dai cittadini. Al mercato non conveniva portare l’elettricità in luoghi sperduti. I cittadini si sono auto organizzati, poi con il tempo, è capitato magari che la piccola cooperativa elettrica del Texas finisse per gestire l’elettricità della capitale Dallas”. Oltre alle “utilities tradizionali”, Poletti, allarga il campo a banda larga e energie rinnovabili, “opportunità a cui deve accedere tutto il territorio, compresi i centri minori”.
In attesa di capire come evolveranno le liberalizzazioni e che fine faranno le aziende municipalizzate, Legacoop e l’associazione Borghi autentici puntano a una modifica della legislazione, così da favorire le piccole cooperative di comunità, liberandole da lacci e lacciuoli creati per realtà più grandi: “Le buone pratiche sono contagiose – dicono -. Cominciamo a pensare, se l’esperienza delle microimprese si sviluppa, di arrivare a una normativa specifica come già accaduto in passato per le cooperative socia