‘Nello Yemen permane una situazione di grande instabilità, in cui si susseguono episodi di violenza tra diversi gruppi e fazioni: sunniti salafiti contro sciiti zayditi Huthi nella provincia di Sa‘dah, unità della Guardia Repubblicana fedeli al Presidente uscente Ali Abdullah Saleh, composte in gran parte da membri del suo clan, contro altre unità, soldati e poliziotti che chiedono cambiamenti ai vertici, mentre i militanti di Al-Qaeda trovano spazio per rafforzarsi nelle aree più remote del paese, in una sempre più preoccupante incapacità del governo centrale di controllare tali aree’: è il quadro tracciato da Elena Maestri, docente di Storia e Istituzioni del mondo musulmano presso l’Università Cattolica di Milano.
‘La firma di un accordo per il trasferimento dei poteri da Saleh al suo vice Hadi è stato un passo importante, che, pur non annullando i rischi di una deriva del Paese, ha comunque inaugurato una fase di transizione altrimenti impensabile. Come dichiarato di recente anche in sede ONU, il pericolo maggiore di questa delicatissima fase, è che, in vista delle elezioni presidenziali fissate per il 21 febbraio, manchi una capacità reale delle forze interne yemenite tese al cambiamento di essere inclusive e non disgregative, segnando così una deriva verso una pericolosa instabilità, ad un passo dalla guerra civile. Uno sforzo di dialogo tra i vari gruppi, rappresentanti delle molteplici forze politiche, sociali, tribali e religiose, sembra porsi come l’unico pre-requisito affinché la transizione possa dare esiti incoraggianti’.
Chi, tra i separatisti del Sud e quelli del Nord, costituisce un pericolo maggiore per l'unità del Paese?
‘La guerra civile yemenita del 1994 portò ad una occupazione del Sud del Paese da parte del Nord. Dal 2007 in poi l’opposizione del Sud, sempre più determinata a liberare le proprie terre, si è andata rafforzando e strutturando come movimento teso a reclamare l’indipendenza o, almeno, l’autonomia. Durante la cosiddetta ‘Primavera araba’ tale opposizione yemenita del Sud si è dapprima unita alle proteste e alla rivolta degli attivisti del Nord, ma non ha perso consapevolezza delle proprie rivendicazioni.
Quanto è percorribile oggi l'idea di un percorso democratico per lo Yemen?
‘Parlare di percorso democratico per lo Yemen appare del tutto prematuro, in quanto il Paese dovrebbe innanzi tutto puntare su un processo di promozione dello sviluppo umano e di crescita sociale verso una cultura del “dialogo nazionale”: si tratta di un processo estremamente difficile, in un contesto segnato da una conflittualità ancora molto evidente, nella quale il tribalismo continua a giocare le sue carte secondo meccanismi interni estremamente complessi. Per l’Arabia Saudita, la garanzia della stabilità e della sicurezza regionale sono oggi una priorità, e l’appoggio a un dialogo nazionale yemenita in grado di evitare una frammentazione del Paese non mancherebbe da parte dei Paesi arabi del Golfo’.