Atlante delle crisi


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'Difficile il rientro di Saleh'

Parla Farian Sabahi, autrice di 'Storia dello Yemen' s

‘Saleh si è accomiatato dagli yemeniti con un discorso di scuse per gli errori commessi, e difficilmente rientrerà in patria’, dice a Televideo Farian Sabahi, docente universitaria e autrice della recente ‘Storia dello Yemen’. ‘Difficile immaginare che cosa accadrà, anche perché il ritorno di Saleh a Sanaa, dopo l’estate trascorsa in un ospedale saudita, ha confuso gli analisti e rimesso in moto i suoi avversari. Per il momento Saleh ha dichiarato che starà lontano dallo Yemen solo il tempo necessario per le elezioni, previste il prossimo 21 febbraio. Gli stessi Stati Uniti hanno precisato che quella di Saleh è una visita breve, perché non vogliono dare l’impressione di dare scampo a uno dei tanti dittatori arabi. Dopo gli Stati Uniti, Saleh potrebbe cercare rifugio altrove’.

Nel futuro del Paese rischia di essere più determinante l’influenza dell’Arabia Saudita o quella degli Stati Uniti?
‘L’influenza saudita potrebbe essere indubbiamente più forte di quella statunitense, ma è più probabile che si trovi una soluzione “alla yemenita” e quindi una ragionevole autonomia. L’influenza saudita esiste, ed è il risultato di un processo lungo. Basti pensare alle infiltrazioni salafite nel Nord dello Yemen, un modello preso a prestito dagli Houthi, che pur sono sciiti. L’estremismo può trovare spazio in un Paese povero come lo Yemen, dove ci sono 350mila sfollati a causa del conflitto con gli Houthi, il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (con meno di 2 dollari al giorno), mentre circa 7,5 milioni di yemeniti (un terzo della popolazione) soffre la fame cronica. Detto questo, bisognerà vedere in quale misura i gruppi tribali riusciranno a fare pressione sul governo.

Com’è organizzata l’opposizione yemenita?
‘L’opposizione yemenita non c’è, nel senso che del governo fa parte anche l’opposizione. Si tratta quindi di una situazione articolata e paradossalmente stabile. In vista delle elezioni del 21 febbraio, le autorità temono però che, anziché crearsi uno schieramento di governo con interessi comuni, nasca un esecutivo destinato a restare paralizzato per la presenza di tutti i membri della vecchia opposizione. Detto questo, al momento l’unica vera opposizione sembra essere quella dell’attivista Tawakkol Karman, premio Nobel per la pace nel 2011, che contesta l’immunità concessa al presidente e ne esige la punizione. In questo contesto, processare Saleh significherebbe però riaccendere la guerra civile.