di Sandro Calice
THE SPIRIT
Di Frank Miller, Usa 2008
Gabriel Macht, Samuel L.Jackson, Scarlett Johansson, Eva Mendes, Sarah Paulson, Dan Lauria, Paz Vega.
E’ la città la vera, potente protagonista di questo film. Una città che urla, protegge, uccide, senza tempo, multiforme, nera, viva. Denny Colt è un poliziotto che viene assassinato e che rinasce misteriosamente, dotato del potere di guarire da ogni ferita. Ama Central City, la sua città, più delle innumerevoli, bellissime donne che gli cadono ai piedi. E’ così che decide di indossare i panni del giustiziere mascherato Spirit, determinato a difendere il suo amore dai malvagi.
Uno in particolare, Octopus (Jackson), uno psicopatico esperto di genetica, è completamente folle e deciso a distruggere la città pur di assecondare la sua megalomania. Sembra avere lo stesso potere di Spirit, ma soprattutto conosce le risposte ai dilemmi del detective mascherato. Intorno, splendide donne, che vogliono sedurre o uccidere Spirit, o entrambe le cose: dalla gelida assistente di Octopus, Silken Floss (Johansson) alla dolce dottoressa Ellen Dolan (Paulson), dalla ballerina assassina Plaster of Paris (Vega) alla conturbante ladra di gioielli Sand Saref (Mendes). Tutti lo amano, ma è solo Spirit, solo con la sua città. Riuscirà a sconfiggere ancora la morte?
“The Spirit”, nelle sale dal 25 dicembre, è tratto dal leggendario fumetto, pubblicato tra il 1940 e il 1952, di Will Eisner (1917-2005), maestro assoluto del fumetto – tanto che ancora in vita si è visto intitolare l’Eisner Award, uno dei più prestigiosi premi del fumetto americano – e inventore nel 1972, con “Contratto con Dio”, del moderno “romanzo grafico”, la graphic novel. Frank Miller è da molti considerato il suo erede, autore di capolavori come “Il ritorno del Cavaliere Oscuro”, “300” e “Sin City”, tutti portati al cinema, l’ultimo affiancando alla regia Robert Rodriguez. Quando la casa di produzione Odd Lot gli propose la regia di “The Spirit” ebbe quasi timore di confrontarsi con l’opera del suo mentore, ma dopo pochi giorni richiamò e disse:”Non posso lasciarlo fare a nessun altro”.
Il risultato è spettacolare. Come e meglio che in “Sin City”, con l’aiuto della computer grafica, Miller restituisce sul grande schermo la potenza bidimensionale delle tavole a fumetti. Pare che ogni giorno, prima delle riprese, il regista disegnasse le scene una ad una per spiegare ad attori e tecnici l’effetto che desiderava. “Tecnici” del calibro di Bill Pope (direttore della fotografia di “Spiderman” e della trilogia di “Matrix) e di Stu Maschwitz (supervisore degli effetti visivi de “I Fantastici Quattro e Silver Surfer” e di “Sin City”).
Spirit non è un supereroe. Nel senso che a parte le eccezionali capacità di guarigione, non ha superpoteri. Eisner lo immaginò vestito con un completo elegante, cravatta guanti e cappello, armato solo dei suoi pugni e del suo coraggio. E lo pensò come un personaggio per adulti, con un senso dell’umorismo duro, molto umano e con debolezze poco eroiche, come quella per le donne. Nel film, infatti, disorienta, all’inizio, il contrasto tra l’atmosfera noir, che sembra preludere a gesta epiche, e l’irriverenza, a tratti la goffagine, del personaggio. La città, poi, è la Manhattan in cui hanno abitato sia Eisner che Miller, ma è anche un luogo metafisico, è l’amore vero di Spirit, un posto di ogni tempo dove accanto alle auto e ai vestiti anni ’50 ci sono i telefoni cellulari e l’ingegneria genetica.
Miller, che attinge anche a Tarantino e Leone, ha detto di sperare che, una volta visto il film, Eisner non esca dalla tomba per strangolarlo. Il pericolo è scongiurato, anche se qualche fragilità di sceneggiatura c’è. Ed esteticamente, dopo “Sin City” si comincia a rischiare la maniera.