A due anni dalla legge


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Terapia del dolore, qualcosa ancora non va

L'esperienza del Policlinico di Tor Vergata, hub d'eccellenza t

di Maurizio Righetti

In Italia circa un quarto della popolazione soffre di dolore cronico non oncologico e 250-270.000 persone all'anno si ammalano di tumore e dolore associato alla patologia: il 19% dei malati perde il posto di lavoro; il 21% va incontro alla depressione; tra il 50% e l' 88% ha disturbi del sonno. Nonostante l’entrata in vigore, da marzo 2010, della Legge 38, che disciplina l'accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative, permangono ancora grandi ostacoli alla sua piena attuazione: la preparazione specifica del personale sanitario è insufficiente; è difficile l’integrazione tra gli attori che intervengono nel cammino terapeutico del paziente - i centri di riferimento per la terapia del dolore (hub) e gli ambulatori territoriali di terapia antalgica (spoke) e le AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali) dei medici di medicina generale; soprattutto, c’è scarsa informazione dei cittadini sul provvedimento e sulle opportunità di cura da esso garantite.

Se ne è parlato a Roma, all’ Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" nel convegno dal titolo "Ruolo dell'assistenza primaria dalla terapia farmacologica alla terapia neuromodulatoria nel dolore" L’ appuntamento ne segue un altro recente ("La Neuromodulazione: nuovi modelli operativi"), nell’ambito di una serie di iniziative di formazione, informazione ed aggiornamento, all'interno e all'esterno dell’'Hub di Medicina del Dolore del Policlinico Tor Vergata per rendere operativa la rete a beneficio dei pazienti.

Alessandro Fabrizio Sabato: “Hub di eccellenza a livello nazionale”
"Prendersi cura della persona che soffre e controllare il dolore nei suoi diversi aspetti sono i valori fondanti delle attività del centro di Terapia del Dolore del Policlinico Tor Vergata che, grazie a un sistema integrato di assistenza, rappresenta un HUB di eccellenza a livello regionale e nazionale"  dichiara Alessandro Fabrizio Sabato, Direttore del Dipartimento Emergenze Urgenze medicina critica, medicina del dolore e scienze anestesiologiche della Fondazione PTV/ Policlinico "Tor Vergata".

Antonio Gatti: “Modificare abitudini e pregiudizi consolidati del medico”
Un primo ostacolo deriva, paradossalmente, dallo stesso specialista. "E' necessario modificare abitudini e pregiudizi consolidati, che spesso fanno parte del bagaglio culturale del medico, a volte restio a concepire il dolore come parametro vitale da monitorare (così come previsto dalla legge):- dichiara Antonio Gatti, direttore dell'hub Medicina del Dolore Fondazione PTV/ Policlinico Tor Vergata -, in particolare l'articolo 7 prevede l'obbligo di riportare all'interno della cartella clinica, nelle sezioni medica ed infermieristica, le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico conseguito. Il cambiamento quindi deve partire dalla formazione della classe medica - riferita, ad esempio anche alla semplificazione delle procedure di accesso ai farmaci impiegati nella terapia del dolore (articolo 10) e al suo corretto utilizzo, ancora oggi sottoutilizzati - fino ad arrivare al coinvolgimento del paziente rendendolo responsabile di un'attività di verifica e feedback dell'assistenza ricevuta”.

Non esiste un solo tipo di dolore, necessaria la collaborazione fra specialisti
Per garantire l'efficacia del trattamento, occorre tenere presente che non si può parlare di dolore in senso generale. Esistono diverse tipologie, definibili sulla base dei meccanismi fisiopatologici responsabili che vanno conosciuti. Tra gli altri obiettivi del 2012 dell'Hub di Medicina del Dolore del Policlinico Tor Vergata, uno in particolare sarà quello di valutare, con la collaborazione di ginecologi, urologi e gastroenterologi, il dolore pelvico cronico nella donna: endometriosi, cistite interstiziale, vestibulite vulvare, dispareunia, sindrome del colon irritabile, patologie che rappresentano in Italia un problema per oltre 3.000.000 di donne, che arrivano alla diagnosi solo dopo 7/9 anni.

Un altro problema di cui si è discusso riguarda l'accesso alle terapie appropriate, una criticità emersa recentemente anche dalla ricerca della “Associazione Vivere senza dolore”: solo nella metà dei casi i pazienti con dolore persistente si rivolgono a un clinico, che nel 57,9% è il medico di famiglia, molto raramente il terapista del dolore (5,8%). Al contrario, è fondamentale coinvolgere maggiormente il medico di medicina generale (MMG) nel corretto percorso di cura dei pazienti, per facilitare la continuità assistenziale del malato e migliorare l'accessibilità alla rete territoriale (AFT) di strutture sanitarie e assistenza domiciliare.

"Tra i compiti che la legge assegna ai MMG che si aggregano territorialmente in AFT, è auspicabile- continua Gatti- che si venga a definire un modello articolato sulla base di una struttura organizzativa della medicina generale in grado di dare la prima risposta diagnostica e terapeutica ai bisogni del paziente con dolore ed indirizzare, quando necessario e secondo i criteri condivisi di appropriatezza, il paziente allo Spoke o all'Hub di riferimento territoriale: in questo modo si può garantire la continuità della gestione nell'ambito di percorsi definiti nella rete”.

Pier Luigi Bartoletti: “Fondamentale il ruolo del medico di medicina generale”
La Legge 38 ha assegnato un ruolo di grande importanza al MMG: in primo luogo ha semplificato la prescrizione dei farmaci oppiacei non iniettabili con una semplice ricetta del Servizio Sanitario Nazionale. "Alla luce di questa semplificazione, che facilita al MMG la cura di pazienti con dolore cronico anche severo -dichiara Pier Luigi Bartoletti, Segretario Generale FIMMG del Lazio - il nostro ruolo è prima di tutto quello di informare il paziente che necessita di terapia antidolorifica con farmaci oppiacei del corretto utilizzo del farmaco e tranquillizzare, sia lui che i familiari, sulla congruità del trattamento e l'assenza di rischio di tossicodipendenza".

Uno dei maggiori ostacoli riscontrati alla piena attuazione degli obiettivi della legge è l'insufficiente informazione e sensibilizzazione dei cittadini sul tema: 7 persone su 10 non conoscono la Legge 38. Un nodo cruciale, come sottolinea Gatti: "Lo scorso 16 giugno abbiamo condotto nella struttura del Policlinico Tor Vergata un'iniziativa volta a valutare la conoscenza della legge mediante la somministrazione di un questionario che prevedeva un'indagine a tre livelli: 1) i pazienti ricoverati nei vari reparti; 2) il personale medico e paramedico; 3) i cittadini che in quel giorno accedevano al Policlinico. E' risultato che il 70.3% dei cittadini intervistati non era a conoscenza dell'esistenza della Legge 38 e il 72.1% dei cittadini aveva difficoltà ad individuare i centri specialistici di terapia del dolore".

Roberto Messina: “Dolore cronico sottostimato da parte degli operatori sanitari”
Nel corso della giornata, è stato possibile analizzare l’esperienza diretta delle persone che soffrono, grazie alle voci di Cittadinanzattiva e FederAnziani. La principale difficoltà percepita dai pazienti con dolore cronico è una forte sottostima del problema da parte degli operatori sanitari.

"Il dolore cronico è uno dei fattori che più condizionano la qualità della vita delle persone, in particolare di quelle anziane, poiché intensità e frequenza tendono ad aumentare con l'età – spiega Roberto Messina, Presidente Federanziani -. Una recente indagine, condotta su un campione di 562 anziani dal nostro centro studi SIC, mostra che oltre la metà degli intervistati (58%) riferisce un dolore, costante o saltuario, nell'arco della giornata e un anziano su 10 necessita di assistenza continua per svolgere le basilari attività quotidiane. Solo un quinto del campione ritiene di ricevere attenzione da parte del personale medico e infermieristico, mentre la restante parte del campione è convinta che i medici non prestino sufficiente ascolto. I deficit che emergono sono la formazione quasi nulla dei medici, poca diffusione dei trattamenti domiciliari e mancanza di reparti nelle strutture pubbliche. Occorre dunque impegnarsi per abbattere questi ostacoli, educare pazienti, familiari e caregivers, e diffondere la consapevolezza che non soffrire è un diritto delle persone e che anche attraverso la tutela di tale diritto si misura la civiltà dei sistemi sanitari".

Giuseppe Scaramuzza: “Gravi conseguenze sulla vita lavorativa”
La percezione, da parte dei pazienti, di non essere ascoltati e non ricevere adeguate informazioni sulle cure disponibili sul territorio sono due punti riscontrati anche da un'analoga ricerca di Cittadinanzattiva, condotta per conto del Tribunale per i diritti del malato. "Dai nostri questionari, somministrati in 7 regioni, emerge che i pazienti riconoscono la centralità del medico di famiglia come primo contatto per l'identificazione del problema, ma lamentano visite spesso troppo brevi (meno di 5 minuti per il 37% degli intervistati), in cui raramente sono indirizzati verso cure specializzate: - fa notare Giuseppe Scaramuzza, vice presidente nazionale Cittadinanzattiva -. Solo dopo la consultazione di numerosi specialisti (dai 2 ai 5 nel 53% e addirittura dai 6 ai 10 nell'11%), i pazienti raggiungono un hub di riferimento. Peraltro, il 75% degli intervistati dichiara di aver saputo dell'esistenza dei centri solo quando vi è arrivato. Tutto questo comporta un gran dispendio di tempo (nel corso del quale i pazienti per disperazione si sottopongono a ogni tipo di terapia alternativa) e di risorse economiche, per le visite private, per l'acquisto di farmaci e per le cure riabilitative. E le conseguenze del dolore sulla vita lavorativa, psicologica e sociale degli individui sono enormi".

Dalla ricerca di Cittadinanzattiva, anche la gestione dei pazienti all'interno dei centri di terapia del dolore, seppur considerata positiva dall'85,6%, presenta aree di possible miglioramento, soprattutto per quanto riguarda il supporto psicologico, di cui si lamenta una certa mancanza, e la verifica e rilevazione della qualità dell'assistenza.

“Non siamo nati per soffrire”
"Sulla base del principio della corretta integrazione tra i percorsi assistenziali, che devono articolarsi in tre livelli di cura - territorio, ospedale e centri di terapia del dolore - le nostre proposte - prosegue Scaramuzza - si rivolgono ai MMG, per fornire loro una mappatura delle strutture esistenti sul territorio e metterli nelle condizioni di dedicare più tempo a ogni assistito, agli hub, per prevedere al loro interno un adeguato servizio di sostegno psicologico e strumenti di valutazione civica e infine all’opinione pubblica, per informarla dell'esistenza dei servizi sul territorio. In sintesi, il nostro obiettivo è diffondere il principio che non siamo nati per soffrire".

La crisi generale non aiuta a rendere la legge efficace quanto dovrebbe
"La legge 38 rappresenta un significativo passo avanti verso una normativa più organica e soprattutto civile in materia di terapie antalgiche e cure palliative -conclude Gatti - Con essa si vuole assicurare l'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza nel rispetto della dignità e dell'autonomia della persona, anche nei confronti del bambino. Una buona legge che tuttavia stenta a venire attuata nella sua globalità perché trova ancora ostilità ambientali nella sua applicazione e ostacoli alla sua piena attuazione. Il momento purtroppo non è certo favorevole. I piani di rientro delle Regioni - conclude Gatti - sono in questo momento il vero focus della Sanità e tagli, blocchi e rinvii di decisioni sono all'ordine del giorno. Resta quindi aperto il divario tra potenzialità terapeutiche da una parte e accesso alle cure dall'altra." Al convgeno hanno preso parte anche, tra gli altri: Caterina Pizzutelli, Presidente Scuola di Formazione in Medicina di famiglia della Regione Lazio, , Mario Dauri, Direttore Responsabile della U.O.S.D. Gestione delle Attività Anestesiologiche dei Blocchi Operatori e Coordinamento Donazione Organi Fondazione PTV/ Policlinico "Tor Vergata" di Roma, Roberto Arcioni, Direttore Responsabile dell'U.O.S. Terapia del dolore dell’Azienda Ospedaliera Sant'Andrea di Roma.