di Sandro Calice IL SENTIERO
di Jasmila Zbanic. Austria, Germania, Croazia, Bosnia-Erzegovina 2011, drammatico (Fandango)
Zrinka Cvitešic, Leon Lučev, Ermin Bravo, Mirjana Karanovic, Nina Violic, Sebastian Cavazza.
La guerra, se non ti uccide, frantuma l'anima. E puoi solo provare a mettere insieme i pezzi, con l'amore, la speranza, la fede.
Luna e Amar vivono a Sarajevo, portano dentro le ferite della guerra, ma provano a costrursi una vita aggrappandosi al loro amore. Luna fa la hostess per una compagnia aerea, è solare, fiduciosa, forte. Amar, che lavora alla torre di controllo dell’aeroporto, è più fragile, beve, rifiuta di disintossicarsi. E viene sospeso dal lavoro, proprio nel delicato momento in cui i due, che non riescono ad avere bambini, decidono di ricorrere all’inseminazione artificiale. In soccorso di Amar arriva Bahrja, un amico dei tempi della leva militare, che gli offre un lavoro come insegnante di informatica. Bahrja, però, nel frattempo è diventato un musulmano ortodosso e porta Amar lontano dalla città, nella comunità wahhabita sulle rive del lago. Luna vede il suo uomo cambiare, trasformarsi in un praticante fondamentalista, e per la prima volta teme che il loro amore non regga a questa nuova prova.
Jasmila Zbanic, che con il suo primo film, “Il segreto di Esma”, ha vinto l’Orso d’Oro a Berlino nel 2006, ha immaginato questo suo secondo lavoro come un percorso (il titolo originale è “Na putu”, che in bosniaco vuol dire “essere in cammino verso una meta”), un sentiero sul quale si muovono due vite, un amore, una nascita, uno spirito che cerca rifugio nella fede. C’è lo spettro degli orrori della guerra degli anni ’90 che attraversa tutto il film come un fiume carsico, uno spettro che i protagonisti cercano di combattere vivendo giorno per giorno, ognuno a modo suo. Lo stile della narrazione è lineare, anche in quei passaggi dove un minimo di complessità non avrebbe guastato, e la bravura della regista sta nell’attraversare “terreni minati” come la guerra, la maternità e l’integralismo religioso fermandosi sempre un attimo prima di giudicare.
s.calice@rai.it
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