di Maurizio IorioBeth Hart & Joe Bonamassa
'Don’t explain' (Edel)
La vocalist californiana Beth Hart è una delle interpreti più sottovalutate della recente storia del rock. Ed è l’unica legittimata al titolo di erede di Janis Joplin, non a caso è stata lei ad interpretare il ruolo della scomparsa rockeuse texana nel musical “Love, Janis”. Nonostante una voce da ugola d’oro, la produzione artistica di Beth Hart non è mai stata all’altezza delle sue incredibili doti, soprattutto quella degli ultimi anni. “Don’t explain”, inciso insieme al chitarrista blues Joe Bonamassa, che ha partorito il progetto, recupera in parte il tempo perso. Perché Beth Hart forse non è una gran songwriter, ma come interprete dà i punti a chiunque. E questo album è una complilation di evergreen. Rileggere Etta James, appena scomparsa (“Something’s got a hold on me”, “I’d rather to go blind”), Billie Holiday (“Don’t explain”), Tom Waits (“Chocolate Jesus”), Delaney Bramlett (“Well Well”), Aretha Flanklyn (“Ain’t no way”) senza farli rimpiangere non è impresa facile. Eppure la ragazza si muove fra il blues ed il jazz con una dimestichezza che viene da una evidente predisposizione genetica. Basta cliccare la traccia 6, “I’d rather go blind”, ed ascoltarla ad occhi chiusi, per pensare di avere a che fare con il fantasma di Janis Joplin. Da parte sua Joe Bonamassa, con le sue stilettate di chitarra, contrappunta compiutamente il tutto. “Don’t explain” ha avuto una nomination al Blues grammy award 2012 come miglior “blues contemporary album”. Litfiba
'Grande nazione' (Sony)
Un vecchio saggio diceva che quando le ciambelle non riescono col buco, è perché non si è fatto il lavoro in due: uno deve fare l’impasto, l’altro il buco. E’ questa la ragione per la quale i lavori solisti dei vari Rolling Stones, Beatles, Who, Led Zeppelin, Genesis e via con la lista, non hanno mai raggiunto i vertici degli album delle rispettive band. Stesso discorso per i Litfiba. Che, appena tornati insieme, hanno sfornato una grande ciambella, tanto per rimanere in tema. Perché la voce di Pelù è totalmente complementare alla chitarra di Ghigo Renzulli. Insieme sono i Litfiba, insieme fanno grande musica. Come questo “Grande nazione”. Album rock e sufficientemente maledetto, certo non l’album del secolo ma, visti i tempi, ci si aspetta sempre il peggio. Invece i due diabolici fiorentini sembrano aver ritrovato d’incanto una vena smarrita ben tredici anni fa (“Infinito”) senza che il tempo ne abbia opacizzato la lucentezza e consumato gli spigoli. Il singolo “Squalo” forse è il brano peggiore dell’album e non ne testimonia la brutale irriverenza e l’energia sonora. Testi assai schierati politicamente, come da tradizione, ironie sulla nostra grande nazione e misfatti alla berlina, riff di chitarra come Iddio comanda e “Anarcoide” sopra tutto, summa di una classe ancora intonsa.