Sono una cinquantina le aziende italiane che hanno ripreso le attività in Libia dopo la rivoluzione, a fronte di 134 che erano presenti durante l'era Gheddafi e che ora "stanno aspettando che la situazione interna si normalizzi". Sono questi i dati forniti ad AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL dall'ufficio a Tripoli dell'Istituto per il Commercio Estero (Ice).
Secondo l'Ice, tra le società che hanno ripreso le attività in Libia figurano l'Eni e alcune aziende collegate al 'Cane a sei zampe' come Dietsmann, Demont, Bonatti e Impresub. L'Oil&Gas, commentano da Tripoli, "è l'unico settore che, per ovvi motivi, è ripartito".
Ma nel Paese nordafricano non sono tornate solo aziende italiane legate al settore degli idrocarburi. Alitalia ha ripreso i voli da e per la Libia. Hanno ricominciato le loro attività anche le compagnie di navigazione marittima Tarros, Messina ed Arabital, la Techint, che sta collaborando per la ripresa dei lavori dell'acciaieria Lisco e l'Iveco, che ha ripreso la produzione, anche se in maniera ridotta.
Oltre alle aziende citate, fa sapere ancora l'Ice, in Libia sono attualmente presenti alcune delle nostre maggiori società di costruzioni (Impregilo, Salini, Bonatti, Bentini, Conicos, Ferretti, Pascucci&Vannucci, Piccini), titolari di contratti importanti assegnati nel periodo pre-rivoluzione, le quali stanno negoziando con il governo transitorio se e quando riprendere i lavori, così come alcune società di engineering (Tecon e Intertecno), nonché la Sirti e la Prysmyan (Pirelli).
Le condizioni sono legate alle verifiche che il Cnt sta effettuando su tutti i contratti in essere prima della rivoluzione che saranno confermati qualora non scaturissero "elementi di corruzione". Il "quando" invece è stato stabilito: dopo le elezioni, quando si insedierà un nuovo governo legittimamente scelto dal voto popolare.