Il punto di vista


Stampa

L’immaginazione contro ogni tirannide

Vargas Llosa: la libertà di pensiero fa paura vargas_llosa_296

di M.Vittoria De Matteis
mv.dematteis@rai.it  

Martedì 17 gennaio, presso l'Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari a Montecitorio, si è svolta l’iniziativa “Le realtà parallele”, conversazione con Mario Vargas Llosa, Premio Nobel 2010 per la Letteratura. Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini, rivolgendo un saluto ai presenti, ha ricordato il carattere anticonformista dell’autorevole ospite, libero da pregiudizi ed opportunismo intellettuale. Nella sua introduzione, lo psicoanalista Raffaele Bracalenti ha ricordato che il ‘900 si apre col libro “L’interpretazione dei sogni” di Freud, che dà una nuova chiave di lettura della realtà: nella psiche ci sono tante persone e tante storie, proprio come nella penna di Vargas Llosa. Ha preso parte all’evento, fra gli altri, l’attrice Pamela Villoresi, che porta in scena il testo teatrale dell’autore “Appuntamento a Londra”. In platea, anche gli ambasciatori di Spagna e Perù.

Si è ciò che si mangia, secondo alcuni, e ciò che si legge, secondo Mario Vargas Llosa: imparare a leggere è la cosa più importante, per lo scrittore sudamericano. “La letteratura è il seguito di quei narratori inventori di miti dell’antichità. Lo scrivere è creare una vita parallela, è trasportare il lettore nello spazio e nel tempo, facendogli vivere le avventure di Ulisse, di Don Chisciotte, di Madame Bovary”.

Da bambino iniziò a scrivere cambiando i finali: “Le radici sono presenti, ma imbevute di un ingrediente addizionale”. Non si arrende di fronte alla realtà, ma cerca di trascenderla per “osare”, creando qualcosa di migliore. Ma l’illusione non è l’unica salvezza: “è una difesa che abbiamo contro i fallimenti, la mediocrità, le frustrazioni, è un meccanismo che ci consente di fuggire presso uno mondo più coerente, più bello, dove tutto è comprensibile; questa è la ricchezza della letteratura e a mio avviso quando usciamo da essa e torniamo coi piedi per terra, siamo molto più preparati per comprendere il mondo così com’è e per sopportare le esperienze negative”spiega il letterato, e ricorda: “C’era un mito, forse ingenuo ma vero: per essere scrittore bisognava essere nella capitale delle arti, Parigi, perciò lo sono diventato andando con una borsa di studio e vivendo lì per 7 anni”.

“Siamo realisti, chiediamo l’impossibile” diceva uno slogan del maggio francese, e questo, secondo lui, rimanda a “ideali di irriverenze, capacità di superarsi modellate nella creta dei nostri sogni”. Vargas Llosa ha sempre messo al centro delle sue opere la difesa dei diritti civili.

“Uno schiavo volontario e felice della letteratura”, si definisce, combattendo da sempre per difendere la fragile democrazia del suo paese (il Perù) con le armi della polemica, del paradosso, del racconto brillante, finchè nel ’90 si candida alle elezioni.

Premiato per l’onesto racconto delle storture del potere, fra le sue opere più importanti: La città dei cani, La strada verde, La zia Giulia e Lo scribacchino. E la sua arte ha effetti dirompenti nella vita pratica: “Ce lo dice un fatto che si è sempre verificato nella storia: tutti i regimi che hanno mirato a controllare gli altri, hanno sempre cercato di incanalarla, censurarla, reprimerla. Tutti i totalitarismi politici, sociali e religiosi diffidano della letteratura perché ne vedono l’elemento sovversivo dell’ordine costituito… Chi scrive capisce che la realtà è fatta male, sennò non servirebbero queste finzioni, basterebbe la vita vissuta. Esser consapevoli che la realtà è insufficiente a placare i nostri bisogni, crea un atteggiamento critico. Una società impregnata di letteratura è un pubblico discolo, che non si adegua, a cui il potere non può far ingoiare la realtà così com’è: un pubblico colto sa che la realtà è fatta male”.

Vargas Llosa spiega altresì che occorre distinguere bene la realtà reale da quella irreale, altrimenti si generano disastri, personali e non: “In campo politico è preferibile il realismo, in quello letterario si può scegliere l’irrealtà. Credo che i grandi valori dell’occidente siano la tolleranza, i diritti umani, la coesistenza nelle diversità: tutto quello che è la sostanza della cultura democratica è il contributo della cultura occidentale all’umanità. Al contempo, l’occidente è la fonte dei grandi totalitarismo. Tendenze che vanno combattute, perchè il ritorno a questi fanatismi è reale e fa parte delle società più avanzate, è un dato dei nostri tempi. Il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo hanno generato tante sofferenze e non sono spariti: dobbiamo rimanere vigili. La superiorità delle democrazie sulle dittature risiede nel fatto che i mali, gli errori e gli orrori che si commettono possono essere denunciati. Si può giudicare e condannare i colpevoli e si può correggere quello che non funziona”.