Di Elisabetta Tanini
ll più grande d’Europa. Un crac finanziario da 14miliardi di euro che ha coinvolto 200mila risparmiatori. Il dissesto di Parmalat, azienda specializzata nel latte e nel settore alimentare, ha inizio verso la fine degli Anni ’80, proprio quando il gruppo viene quotato in borsa, ma i debiti vengono occultati per oltre un decennio con la complicità di un sistema dove chi doveva controllare non lo ha fatto. La storia di Calisto Tanzi, autore nel bene e nel male del fenomeno Parmalat, è un paradigma della genialità dell’imprenditoria italiana in grado di trasformare una piccola azienda in una multinazionale, ma abile anche a muoversi in quell'area grigia tra politica e finanza dove a decidere non sono le regole del mercato.
Lo stato d'insolvenza della Parmalat fu dichiarato il 27 dicembre 2003. Secondo Enrico Bondi, chiamato al capezzale dell'azienda di Collecchio dallo stesso Calisto Tanzi per un disperato tentativo di salvataggio, dalle casse della multinazionale mancavano quattro miliardi di euro. Era una stima troppo ottimistica. Perché indagando nei conti si aprirà una voragine. In 20 giorni crolla come un castello di sabbia un impero finanziario da 7,5 miliardi di ricavi con oltre 36mila dipendenti, presente in 30 Paesi e in tutti e cinque i continenti.
Il I4 dicembre si scopre che i 600 milioni di euro del fondo Epicurum non esistevano. L'8 dicembre era il termine entro cui la Parmalat è costretta a onorare il bond da 150 milioni di euro che aveva emesso: Bondi promette di restituire i soldi entro il 15 dicembre, ma quando quattro giorni dopo riesce a saldare il debito, si accorge anche che ne mancavano 80.
Il 15 dicembre il consiglio di amministrazione, tra cui figuravano Tanzi, Tonna e Gorreri, si dimette. Lo showdown il 19 dicembre 2003: Bank of America dichiara che i 3,95 miliardi di euro che rappresentano l'attivo della Parmalat non esistono, il documento che ne attestava l'esistenza era stato contraffatto.
Il 26 dicembre Tanzi viene arrestato. In manette finiscono anche Francesca e Stefano Tanzi, i figli dell'ex patron, che nell'azienda di famiglia avevano rivestito incarichi direttivi e Fausto Tonna, ex direttore finanziario. Fra le accuse ipotizzate a carico degli allora 71 indagati, quasi tutti ex amministratori, sindaci e revisori della multinazionale del latte, l'associazione per delinquere, la bancarotta fraudolenta e semplice, il falso in bilancio e le false comunicazioni sociali. Ma ad essere chiamato in causa è tutto il sistema: le società di revisione, impegnate a certificare i bilanci di Parmalat e le banche che nascosero l’entità dei debiti e fino all’ultimo continuarono a vende ai risparmiatori le azioni dell’azienda di Colecchio.
L’indagine su Parmalt si allarga anche a questi ultimi due soggetti e,oltre a quella di Parma, interviene anche la Procura di Milano: l’accusa è aggiotaggio, cioè aver influenzato l’andamento del titolo Parmalat attraverso false comunicazioni. Alla sbarra di nuovo Tanzi e altri 19 imputati tra cui società di revisione Deloitte&Touche, Grant Thornton e le banche: Bank of America, Morgan Stanley, l’Ubs, la Deutsche bank e il Citigroup.
Per il patron di Collecchio accusato di aggiotaggio, ostacolo all’attività di vigilanza e concorso in falso il pm Greco ha chiesto 13 anni di carcere.