Moda e crisi


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L’abito oltre lo spread

Le regole per affrontare le difficoltà economiche con stile pitti_uomo_stand_2012_296

di Rita Piccolini

Rigore, disavanzo, debito pubblico, austerity, crisi, rischio di default….E’ un crescendo rossiniano. La domanda allora è d’obbligo:come vestirsi in tempo di crisi? Quali regole seguire per affrontare le difficoltà economiche a testa alta, con stile? Il recupero della qualità, quella che rende alcuni capi intramontabili, prima di tutto, questo almeno ci suggeriscono i nostri più grandi stilisti di moda, poi un’ombra di rossetto sulle labbra e l’ottimismo della volontà.

Anche da Pitti Immagine Uomo che si è appena conclusa a Firenze il monito che arriva è chiaro: c’è crisi, ma almeno affrontiamola con eleganza. Ricordiamolo ai nostri cugini francesi e soprattutto ai tedeschi che lo stile lo abbiamo inventato noi e soprattutto non dimentichiamocene. La manifestazione fiorentina che si è appena conclusa ci rimanda un’immagine di eleganza naturale, non appariscente, per un uomo moderno ma attento al passato, quindi alla grande tradizione manifatturiera italiana. Modello a cui ispirarsi? Marcello Mastroianni, bellissimo, mai appariscente e assolutamente mai sciatto.

“La ricetta anticrisi sta nelle cose nuove e belle” afferma il direttore marketing Mario Stefan Maran. Sembra un’ovvietà ma è invece la ricetta dell’eleganza: la semplicità e la qualità che contraddistinguono i capi di alta moda. Perché, come ha scritto Gillo Dorfles nell’introduzione della seconda Edizione di “Moda & Modi”:”Nonostante tutto la moda riesce a sempre a trionfare: non c’è fame o boom demografico che tenga; il desiderio, anzi l’urgenza di aggiungere al proprio corpo nudo decorazioni, orpelli, abbellimenti che lo differenzino da quello altrui non sembrano cessare mai. Anche i “selvaggi”, nelle loro misere capanne, non dimenticano di adornare con i tatuaggi il loro corpo; anche i più derelitti proletari dell’India e delle Ande non dimenticano di avvolgersi con cenci variopinti che si sposino al colore della loro pelle”.

Certo in tempo di crisi ci si deve difendere dall’impulso irrefrenabile a cui ci ha indotto una società consumistica che esalta lo spreco e il continuo avvicendamento dei prodotti. Ed è proprio in questo che può aiutarci l’Alta Moda. Ricordate le nostre nonne che sceglievano con cura giacche e soprabiti da indossare per anni? A renderli sempre belli e portabili erano innanzi tutto la qualità dei tessuti, quelli nobili perché naturali, quelli che anche la “Green economy” ci raccomanda per salvare il pianeta; poi il taglio “classico” quindi sempre attuale, e la cura dei dettagli. A Pitti Immagine sono ricomparsi il loden e il montgomery, anche se rivisitati, vorrà pur dire qualcosa!

E’ il momento allora dello “shopping neutrale”: la moda da recessione che detta un atteggiamento più parco e attento, tanto da dare vita a un altro singolare movimento dal nome di slow fashion. Arriva dopo lo slow food e propone un decalogo contro il consumismo di massa, a favore della scelta e della qualità. La filosofia slow dice sì alle fibre naturali come il lino, il cachemire, la seta e il cotone organico, cioè coltivato senza l’uso di pesticidi, e dice no alle produzioni di massa che inquinano e che sfruttano bambini e adulti.

Vivienne Westwood, Marithè-Francois Girbaud e Giorgio Armani sono solo alcuni che sostengono questa moda eco-compatibile, che coniuga una concezione dell’abito di qualità (meglio pochi ma buoni), con linee che siano sempre attuali e che non vadano cambiate ogni stagione.

Allora forse anche per le signore è venuto il momento di tirare fuori dall’armadio il vecchio cappotto di cammello annegato nella canfora, e di prediligere accessori di qualità, di pelle o cuoio, più costosi, ma più duraturi, oltre che più belli. Lasciamo alle ragazzine gli zainetti e i piumoni e rivestiamoci da donne.

Ecco perché c’è, in tutte le città italiane, anche un proliferare di mercatini dell’usato. E’ il trionfo del “vintage”, che torna di moda, perché si fa di necessità virtù. Esistono persino, nelle metropoli, i mercatini del baratto. Ci si scambiano abiti “griffati” o vestiti da sera. E così anche le più sofisticate, che trovano un po’ ”deprimente” riesumare dopo trenta anni la mitica borsa Chanel così attualmente “matelassè” e con catena d’ordinanza, possono scambiarla con la Kelly di Hermès, e giocare a sentirsi un po’ Kim Novak nella “Donna che visse due volte”.

Ma ormai sono alle porte le sfilate di Alta Moda femminile: a Roma alla fine del mese di gennaio. Poi il pret à porter a Milano, e ancora Parigi, oltre che Londra e New York. Anche da qui si attendono risposte. E c’è curiosità: se è vero che le gonne in tempo di crisi si allungano, e che tornano ad essere ampie, femminili, sbieche e materne alla Yvonne Sanson, ci sarà la conferma che la crisi economica è più duratura e insidiosa di quanto tutti ci auguriamo. Certo a guardare le nostre figlie però alcuni segni contraddittori sembra si possano cogliere. Imperterrite le ragazzine continuano a indossare minigonne inguinali, e persino hot pants. Che sia un segno di speranza e di buon augurio. Del resto dopo i malinconici anni Cinquanta esplosero gli anni Sessanta.