di Sandro Calice NON AVERE PAURA DEL BUIO
di Troy Nixey, Australia-Usa 2011, horror (Key Films/Lucky Red)
Guy Pearce, Katie Holmes, Bailee Madison, Alan Dale, Julia Blake, Jack Thompson, Nicholas Bell.
Tutte le fiabe hanno un risvolto oscuro, anche quella della fatina dei dentini. Gli adulti non lo spiegano, o forse non lo sanno. Ai bambini non si dice, ma spesso lo sanno già.
Succedono cose orribili nella dimora del celebre illustratore naturalista Emerson Blackwood, orrori che arrivano da un passato antico, nascosti, feroci, affamati. Cento anni dopo Alex Hurst (Pearce), architetto divorziato che restaura case antiche insieme alla sua nuova compagna Kim (Holmes), investe tutti i suoi averi e tutto se stesso in quella villa vittoriana. Alla vigilia della presentazione del suo lavoro, però, arriva la piccola Sally, la figlia che la sua ex moglie ha deciso di affidargli. A Sally quella casa non piace, sente che c’è qualcosa che non va, e dopo aver scoperto una misteriosa stanza sotterranea, comincia a sentire voci lontane e stridule che chiamano il suo nome. Nessuno le crede, tanto meno il padre distratto e assente. Solo il fattore sembra sapere qualcosa. Strani homuncoli appaiono nell’ombra, vogliono Sally, vogliono i suoi dentini, hanno fame.
Guillermo del Toro (“Il labirinto del fauno”) sognava da sempre di portare sul grande schermo la serie televisiva degli anni ’70 “Non avere paura del buio” che tanto aveva amato (e l’aveva spaventato). Alla fine ha deciso di produrre il film e di affidarne la regia a Nixey, disegnatore e autore di fumetti dark, tra cui anche Batman, qui al suo primo lungometraggio. Sul piatto, sapientemente, ci sono alcuni degli ingredienti classici dell’horror: la casa infestata, mostri invisibili, la bambina in pericolo, gli adulti ignari finquando non è troppo tardi, nessuna difesa. La fotografia e le atmosfere lasciano anche sperare nel meglio. Poi però si scivola nella sensazione del troppo banale, con alcune scene che sembrano scarti recuperati dal bellissimo “Il labirinto del fauno”, gli homuncoli che fanno la stessa paura dei gremlins e un racconto che per non essere troppo horror ma piuttosto “fiaba nera”, come desideravano gli autori, finisce tristemente per sembrare né più né meno che una serie tv degli anni ’70.
s.calice@rai.it
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