In Italia la crisi ha portato sempre più persone a rinunciare alla faticosa e deludente ricerca di un posto, in altre parole ad arrendersi a un mondo del lavoro bloccato. E così gli scoraggiati hanno sfondato la soglia di un milione e mezzo, raggiungendo la quota più alta dall'inizio delle serie storiche dell'Istat, ovvero da sette anni.
Ecco che nel terzo trimestre del 2011 si è toccato l'apice, con 1 milione e 574 mila italiani che affermano di essersi tirati fuori dal mercato perché ritengono impossibile essere assunti. Il balzo rispetto allo stesso periodo del 2010 è stato del 6,5% (+95 mila unità). Impressiona ancor di più la crescita dal 2004, quando il popolo degli scoraggiati superava di poco il milione.
Da allora, quindi, circa 500 mila persone sono passate dalla parte di chi non è più a caccia di un impiego, rassegnandosi ad andare avanti senza un proprio reddito da lavoro. Coloro che restano a casa perché non credono di poter avere un contratto risultano fuori dalla stime ufficiali sulla disoccupazione, ma la loro avanzata di certo rappresenta un indice dello stato di salute dell'economia e del mondo lavorativo.
L'Istat fa rientrare gli scoraggiati nel grande bacino degli inattivi, quelli che né hanno né cercano un'occupazione. Un esercito che da sempre in Italia si aggira intorno ai 15 milioni di persone. Come è facile immaginare, più spesso chi si arrende è donna ed è residente al Sud.
Le proporzioni però sorprendono: se si guarda al genere, i due terzi sono femmine (1,031 milioni) e, se si fa riferimento al territorio, si ritrova lo stesso rapporto a danno del Meridione (1,105 milioni), con due scoraggiati su tre del Mezzogiorno. Fin qui si sono considerati gli scoraggiati in senso stretto, ma se a questi si aggiungono quelli in senso lato, coloro che affermano di non cercare lavoro perché in attesa di precedenti azioni di ricerca, allora la cerchia si amplia di 719 mila persone, un gruppo in forte crescita su base annua (+63 mila unita', +9,6%).
Ecco che dalla somma dei due gruppi si ottiene un numero di 2,293 milioni. Analizzando le altre cause che portano all'inattività, sempre nel penultimo trimestre del 2011 risultano in lieve aumento anche coloro che abbandonano la ricerca di un posto per motivi familiari (+1,3%), un rialzo trainato a sorpresa dagli uomini (+18,5%); mentre è calata la quota di chi esce dal mercato per ragioni legate allo studio e alla formazione professionale (-0,4%).