Quando l'euro entra in vigore, il primo gennaio 2002, presidente della Repubblica e' Carlo Azeglio Ciampi, a Palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi per la seconda volta, e l'Istat certifica un pil in crescita dell'1,8% e un rapporto deficit-pil all'1,4%. Il mondo e' ancora sconvolto dall'attacco alle Torri Gemelle. Dopo l'ingresso dell'euro la situazione non cambia, purtroppo, con una crescita che malgrado tutti i tentativi resta costantemente sotto il 2%, ovvero al di sotto di quel valore fisiologico richiamato piu' volte da Mario Draghi, quando era al timone della Banca d'Italia. Un livello minimo se si vuole avviare uno vero sviluppo economico del Paese.
Non solo, la crisi globale generata dal crac Lehman Brothers portera' il prodotto interno lordo a calare dell'1,2% e addirittura del 5,1% rispettivamente nel 2008 e nel 2009. Il resto e' storia recente, con la crisi del debito sovrano che minaccia la tenuta stessa della moneta unica e da luglio si concentra proprio sulla scarsa crescita dell'Italia. Una fibrillazione che portera' alle dimissioni di Silvio Berlusconi, con Mario Monti alla guida del governo mentre si annuncia proprio in questi giorni l'ingresso del Paese in una nuova recessione. Sembrerebbe andare meglio per quanto riguarda la disoccupazione, che e' quasi al 9% (8,9 ad ottobre 2002) pochi mesi dopo l'ingresso della nuova valuta e si porta sotto il 7% negli anni successivi per poi risalire, per colpa della crisi, all'8,5% a dicembre scorso, ancora molto contenuta dagli ammortizzatori sociali, sebbene l'allarme sia adesso legato soprattutto alla disoccupazione giovanile.
Sostanzialmente riuscita e' invece la corsa al contenimento del deficit, che si fissa al 3,2% nel 2002 (sopra la soglia del 3% prevista da Maastricht ma in compagnia di Francia e Germania, tutti colpiti dal ciclo negativo generato dalle Twin Towers) per poi scendere nel corso degli anni, salire nuovamente, ma in misura nettamente meno drammatica rispetto agli altri Paesi europei all'apice della crisi. Drammatica resta invece la crescita del debito pubblico negli ultimi anni, passata dal 108% sul pil nel 2002 al 119% nel 2010 per sfondare la soglia del 120% quest'anno. Stagnante, infine, al pari della crescita italiana appare la dinamica dei salari, sostanzialmente invariati nel corso degli anni: 1.215 euro lo stipendio medio italiano nel 2002, 1.286 nel 2010 con un tasso di inflazione nel frattempo salito intorno al 2% ogni anno: 2,5% nel 2002, sotto il 2% nel 2004 e nel 2006, all'1,3% nel 2009, per poi superare il 3% nel 2007 e superare questo livello a ottobre 2011 (3,4%) e novembre (3,3%).