di Maurizio Iorio
E’ la solita politica del bastone e della carota, giocata, come spesso succede, sulla pelle delle donne. La paranoia del regime degli ayatollah per la repressione della libertà e della dignità femminile non ha certo limiti in quanto a fantasia: dopo aver vietato i colori troppo accesi nel vestiario, le acconciature di capelli troppo “all’occidentale” e addirittura la tintarella, è arrivato un altro divieto: le donne non possono sciare, se non accompagnare da un maschio di famiglia. Il movimento delle ginocchia è “più simile ad una danza che ad uno sport”, hanno sentenziato i rigidi controllori della moralità pubblica.
La politica dietro la moda
Dopo aver vietato tutto il vietabile, ed aver sguinzagliato in giro per le strade i guardiani della rivoluzione, per far rispettare le regole più rigide della religione islamica, adesso il governo di Teheran fa una giravolta a 360 gradi, e si concede una svolta-fashion, probabilmente per catturare voti nel ceto medio in vista delle prossime elezioni parlamentari, in programma a marzo 2012. Le donne iraniane già gridano alla rivoluzione, e tutti concordano sul fatto che la nuova moda approvata dalle alte sfere cambierà il modo di vestire nella repubblica islamica. In realtà, secondo gli analisti, dietro la svolta-fashion si nasconde lo scontro fra il clero ultraconservatore che fa riferimento alla guida suprema, Khamenei, e l’ala laicista vicina al presidente Ahmadinejad, accusato di deviazionismo e di voler tradire i valori di riferimento del Paese. Colori sgargianti, ma con il nulla-osta
Nel new-look proposto nella sfilata di moda organizzata dal ministero della Cultura e della Guida islamica, i colori sgargianti, vietatissimi, fanno la loro bella figura, relegando il vecchio chador nero ad un austero ricordo del passato. Questo non vuol dire poi che le donne possano indossare quello che vogliono. La nuova moda è un tentativo del regime di regolamentare l’abbigliamento femminile che, nonostante i divieti, è diventato ingovernabile, dato che le ragazze ormai sfidano apertamente la polizia, indossando abiti occidentali, addirittura tingendosi di biondo i capelli, e rischiando l’arresto, cosa che avviene puntualmente. L’organizzatrice del fashion show, Zahra Ranjbar, spiega che lo scopo è quello di “mettere dei codici sugli abiti approvati ufficialmente dal governo, e fornire un permesso scritto alle donne che decideranno di indossarli per impedire che siano arrestate”. La stilista Mahla Zamani, portabandiera di questa “fashion-revolution”, dice che dalla rivoluzione khomeinista di 23 anni fa, “nulla è cambiato nel modo di vestire delle donne, e questo non è normale. In ogni società moderna il look cambia, ma qui in Iran le donne vestono ancora come vent’anni fa”. La Zamani si sente frustrata dalla lentezza del processo con cui le donne iraniane si adeguano ai nuovi stili, alla difficoltà (ed alla paura) di infrangere le regole semplicemente indossando abiti colorati. “C’è una sorta di auto-censura”, aggiunge la stilista, “ma bisogna cominciare a cambiare. La gente pian piano si adeguerà alle nuove mode”. Ma il tentativo della Zamani di rinnovare il triste look delle donne iraniane viene bollato senza mezzi termini dal quotidiano conservatore Jame Jam. “Presentare un modo di vestire occidentale nel nome di un rinnovato modo iraniano di abbigliarsi è solo propaganda”. Obiettivo: re-islamizzare la società
Le autorità di Teheran hanno annunciato che manderanno uno spot in televisione per pubblicizzare 32 modelli di chador che, secondo Pavlin Salihi, consigliere della tv di stato, hanno l’obiettivo di re-islamizzare la società, composta al 70% di giovani sotto i 35 anni che guardano su internet video e film occidentali, postano i messaggi su Facebook e Twitter, che spesso vanno al mare in Turchia o a Dubai, e non hanno intenzione di rinunciare ad un modello di vita occidentalizzato, anche a costo di rischiare il carcere.
Regole più morbide per conquistare l’elettorato giovanile
I giovani sono sempre più insofferenti alle regole della sharia, e così l’establishement le ammorbidisce le, cercando di ricavarne un beneficio elettorale. Le coercizioni degli ayatollah hanno fatto precipitare l’Iran al 123° posto su 134 paesi nella classifica sulla parità dei sessi redatta dal World economic forum. L’abbigliamento femminile è diventato così una delle (tante) ragioni del contendere fra i falchi e le colombe del regime, dato che le giovani generazioni costituiscono una consistente massa di voti. La prossima consultazione per il rinnovo del parlamento sarà il banco di prova dei rapporti di forza in campo conservatore in vista della lotta per la presidenza del 2013.