Generazioni a confronto


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Saper dire no e saper sognare

Ecco il segreto per crescere bene muccino_vangelista_296

di M. Vittoria De Matteis
mv.dematteis@rai.it  

Il bagaglio di ricordi ed esperienze di due generazioni, raccontate da due ex adolescenti, uno degli anni '90, l'altra degli anni '60. Adolescenti del ’74 e del 2000 che hanno in comune solo un appartamento e che dovranno passare per le stesse porte, anche in senso metaforico.

Non solo canzoni ma anche speranze, sensazioni e aspettative confrontate con quelle degli adolescenti del 2012. E’ quanto ci racconta Silvio Muccino, nel libro scritto a 4 mani con Carla Vangelista ‘Rivoluzione n.9’, da cui prende le mosse anche l’omonima trasmissione radiofonica su Radio 2. Roberto Vecchioni, nella prefazione, parla del titolo come di un inno alla gioia:”La rivoluzione è interna, della propria anima di fronte al totemismo di oggetti, ruoli sociali, smanie per il successo, rumorose propagande di sé, chi da giovane non ha avvertito quello ‘scoppio’, quella ‘deflagrazione’ finisce frustrato e opprimente come la madre di Matteo, oppure fugge, tradisce, abbandona come il padre di Sofia, stagliandosi contro scenari di farsa e miseria affettiva. Chi non ha saputo cogliere a tempo debito l’inno alla gioia, scambia per rivoluzione il suo tardivo annaspare alla ricerca del consenso mediatico (la madre) o si distrugge stralunando il proprio habitat affettivo in cambio di avventure infantili (il padre). E ancora: “Il nodo letterario ed esistenziale dei ragazzi degli ultimi decenni, dal giovane Holden a Jack Frusciante è sempre lo stesso: “Chi sono?” Infine: Rivoluzione n.°9 non è solo uno spaccato sociologico retrò, ci insegna che le rivoluzioni si fanno non per maturare cinismo, ma cercare un’altra norma in cui vivere felici”. 

QUATTRO DOMANDE A SILVIO MUCCINO

Precariato, famiglie mono-parentali, rapporti consumistici: come ci convivono le generazioni odierne?
Il pubblico adolescente viene spesso nutrito da storie fatte apposta per loro. Abbiamo scritto un libro sull’adolescenza e non per l’adolescenza; non solo, almeno. E contravvenendo alle regole di marketing non ci siamo dati un target, l’abbiamo scritto con onestà rivolgendoci ad un pubblico senza limiti d’età. Credo che gli ostacoli per i ragazzi siano, più che le famiglie monoparentali, figure di riferimento assenti: la cosa più pericolosa sono i genitori amici, compagni. Nelle generazioni passate c’era più ipocrisia, funzioni più rigide, ma almeno c’erano dei ruoli da combattere. Credo che il senso fondamentale sia non accontentarsi di quello che si ha. Nel senso che quando si è adolescenti si hanno un sacco di cose contro, ma si ha anche un’energia e una forza da tirare fuori e imparare a stabilire quello che non si vuole accettare e quello che è giusto accettare, e comportarsi di conseguenza.

Che ricordi hai dell’adolescenza?
Una delusione molto forte: lo scontro col senso di colpa, davanti al quale si può rimanere schiacciati. Io attraverso Matteo ho raccontato la storia di una diseducazione, una disobbedienza: lui impara a dire no anche al senso di colpa. O ancora, sentirsi traditi da chi ti fidi, scoprendo che tua madre legge il tuo diario di nascosto. Non è vero che l’adolescenza è un momento fantastico. Star male fa parte del gioco e l’importante è non aver paura di sbagliare. L’adolescenza è qualcosa che ci portiamo dietro ed è un ricordo molto presente, quel sentirsi ‘inadeguati’. E poi il senso di ‘assolutezza’ che si vive nell’adolescenza, dove il I° amore è il primissimo amore, dove la paura è paura, dove tutto è così forte. La bellezza, l’unicità dell’adolescenza è che in quel momento tu hai quella forza in più che ti dà la possibilità di cambiare nonostante le tue fragilità, di andare oltre quelle gabbie entro le quali ci costringono le nostre paure. Tanto più ci si libera in quel momento, tanto più si sarà liberi in futuro. In quel momento ci si forma come persona.

Ti senti più scrittore, attore o regista?
Non mi sento nessuno dei tre, mi sento peregrino in questo percorso un po’ anarchico che mi rendo conto sto facendo in questi anni; cerco di trovare la mia unicità, e per adesso la mia ricerca mi ha portato a raccontare sempre storie che hanno un forte nesso con quello che sento.

Cosa vorresti che arrivasse ai lettori più giovani?
Ti rispondo così: spesso mi chiedono che tipo di adolescente sono stato, avendo scritto questo libro sull’adolescenza, se sono stato ribelle come Matteo. No, credo di essere stato un adolescente molto obbediente, forse troppo, e quella disobbedienza se non viene fuori rischia di implodere e la musica che riceve in regalo Matteo è ciò che meglio può liberarlo da quel suo stato d’implosione. Questo libro è forse un inno ad una sana disobbedienza perché secondo me è un moto molto sano soprattutto a 16 anni, in quella fase della vita dove affermi te stesso definendo quello che non sei attraverso il no: è attraverso la negazione che definisci la tua personalità.