L'attenzione dell'intero mondo arabo, ma del mondo in generale, è tutta concentrata su piazza Tahrir, cuore della rivolta egiziana e teatro di scontri pressoché quotidiani. Nelle ultime settimane la protesta, pur ridimensionata nei numeri, si è radicalizzata nei toni. I giovani rimasti in piazza chiedono ai militari, salutati come i salvatori della patria dopo la caduta di Mubarak, di mantenere le promesse e prendere la distanze dai feroci metodi repressivi del deposto regime. Di fatto, le uniche 'finestre' senza scontri di piazza, in cui le tensioni sembrano essersi assopite, sono coincise con le giornate elettorali.
L'Egitto è il più popoloso Paese arabo, uno dei pochi che ha riconosciuto lo Stato di Israele e ha garantito un precario equilibrio nella regione. Da lui dipende l'esito dell'intera Primavera Araba. L'anno si aprirà con la terza ed ultima fase delle elezioni per la Camera bassa. Da fine gennaio a metà marzo, sempre in tre fasi, si voterà per il Consiglio della Shura, la Camera alta. Ovunque si profila l'affermazione dei Fratelli musulmani, il partito islamico che si definisce "moderato". Vietato dal regime di Mubarak, è riuscito a penetrare capillarmente la società con opere caritatevoli e assistenziali, un po’ come Hamas nei Territori palestinesi. I Fratelli musulmani, forti di oltre il 35% dei voti, non dovrebbero tuttavia dar vita a un blocco musulmano nel futuro governo. Sembra infatti esclusa un'alleanza con i radicali salafiti di Al Nour, con i quali sono più i punti di frizione che quelli di contatto. Paradossalmente, le forze più in difficoltà sembrano proprio quelle che hanno dato impulso alla rivoluzione egiziana. Nonostante la nascita della coalizione "Rivoluzione continua", i movimenti di piazza Tahrir appaiono disgregati e con scarse probabilità di risultare determinanti nella formazione della futura maggioranza. I veri aghi della bilancia potrebbero essere invece il Blocco egiziano, una coalizione laica e liberale, nata in funzione anti-islamica e guidata dal magnate Naguib Sawiri, di fede copta, e i nazionalisti moderati di Al Wafd, formazione autorizzata anche sotto il deposto regime.