di Rodolfo Fellini
Il 2012 dovrebbe, almeno sulla carta, completare il percorso democratico messo in moto dalle rivolte della Primavera araba. Con tempi e modalità diverse, Tunisia, Egitto e Libia, i tre Paesi capifila della svolta epocale che ha scosso il mondo arabo, sono attesi da una prova di maturità politica. I primi indizi delineano l'affermazione dei movimenti islamici, benché le proteste che hanno scardinato i vecchi regimi siano per loro natura laiche e giovanili.
Grande interesse, ma per motivi diversi, suscitano le elezioni politiche siriane di febbraio e le politiche e presidenziali palestinesi, fissate al 4 maggio. In Siria la rivolta è in corso da ormai 9 mesi, ma il regime è saldamente ancorato al potere. Il voto doveva tenersi lo scorso maggio, ma i disordini hanno portato il governo a posticiparlo, e un nuovo rinvio sembra inevitabile, visto che gli scontri quotidiani continuano a insanguinare il Paese. La riforma costituzionale, annunciata ma non ancora attuata dal presidente Assad, non ha portato alcun sostanziale cambiamento: le regole restano le stesse di un anno fa, e l’eventuale appuntamento con le urne è destinato a risolversi con l’ennesima vittoria dell'establishment, incarnato dal partito Baath.
Molti dubbi permangono anche sulle elezioni palestinesi. La posta in gioco è alta, sia per gli estremisti di Hamas, isolati e in serie difficoltà nella striscia di Gaza, sia per Fatah, la fazione moderata del presidente Abu Mazen, indebolita da anni di sacrifici sul fronte interno e di inconcludenza su quello della pace con Israele, ma oggi rafforzata sul piano diplomatico, con l'avvenuto riconoscimento dello Stato palestinese da ormai 129 Paesi e dall'Unesco, l'agenzia Onu per la cultura e l'istruzione. Anche qui, un rinvio appare comunque più che mai probabile: sia agli uni che agli altri conviene aspettare gli sviluppi di una situazione più che mai fluida nel vicino Egitto. I Fratelli musulmani, destinati a governare la transizione al Cairo, vantano storici e profondi legami con Hamas, mentre Fatah può contare sull'appoggio dell'intero Occidente. Molto dipenderà da come i Fratelli musulmani sapranno interpretare il ruolo di 'islamici moderati' che stanno cercando di ritagliarsi.