Ogm in Italia


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La legge tutela. Vento permettendo

Nel nostro Paese è vietato l'utilizzo di organismi geneticamente modificati. Può accadere, però, che 'qualcosa' sfugga ai controlli V

di M. Vittoria De Matteis
(mv.dematteis@rai.it)

I progressi della biologia molecolare hanno certamente un grande potenziale per comprendere meglio i meccanismi vitali e fornire nuovi farmaci, ma non possono essere certo una scusa per trasformare l'ambiente in un gigantesco laboratorio a cielo aperto per fini commerciali. Il Parlamento europeo fa un passo avanti verso un'Europa OGM free: mesi fa ha infatti deciso di rafforzare la proposta della Commissione UE per dare agli Stati Membri il diritto di vietare la coltivazione di OGM sul proprio territorio. Una scelta che riconosce l'importanza delle valutazioni ambientali come base per i bandi nazionali contro gli OGM e permette alle Regioni di vietarne la coltivazione. E in Italia? Da più parti si è parlato di un rilevamento di organismi geneticamente modificati nelle colture laziali. Abbiamo voluto rivolgere alcune domande ad Erder Mazzocchi, Commissario Straordinario Arsial, Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'Agricoltura del Lazio:

Sono ammesse coltivazioni ogm (per produzione destinata al consumo o per moltiplicazione di sementi) in Italia?
In Italia non è ammessa la coltivazione di alcun genere di Ogm, mentre è ammesso il consumo di alimenti e mangimi importati. Per quanto riguarda il settore alimentare, le industrie che potrebbero importare alimenti Ogm, nei fatti non lo fanno, e nel nostro paese non ci sono, attualmente, alimenti etichettati come Ogm. Diversa la situazione dei mangimi, per i quali l’importazione c’è ed è frequente trovare mangimi Ogm, in quanto la frazione proteica della soia presente nei mangimi è d’importazione ed è in gran parte Ogm, in arrivo da paesi come il Brasile o l’Argentina dove la coltivazione è ammessa. L’etichettatura Ogm è obbligatoria se la percentuale supera lo 0,9%.

Tutte le sementi di mais e soia vengono analizzate per accertare l’assenza di Ogm, prima di esser messe in vendita in Italia?
Innanzitutto le ditte sementiere hanno l’obbligo di vendere i loro prodotti con un cartellino che attesti l’assenza di Ogm, una sorta di certificazione della ditta che si avvale, però, di enti preposti a questo tipo di certificazione. Ma le verifiche proseguono attraverso la procedura stabilita dal piano nazionale dei controlli per la presenza di Ogm, secondo la quale le sementi poste in commercio vengono comunque analizzate dagli enti che sono l’ Icq, Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, l’Inran, istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, e l’Agenzia delle Dogane. La percentuale di prodotti che rimane fuori da questi controlli, variabile di anno in anno, è quella sulla quale agisce invece l’Arsial, che si occupa, appunto, di effettuare campionamenti su lotti non analizzati. I campioni prelevati vengono inviati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio-Toscana per le analisi di laboratorio finalizzate a rilevare l’eventuale presenza di Ogm.

Le sementi usate dalle 3 aziende agricole, dov’è stata riscontrata la presenza accidentale di mais ogm dai controlli effettuati dall’Arsial, sono state controllate prima di esser messe in commercio?
Le sementi in questione avevano il cartellino della ditta sementiera che attestava l’assenza di Ogm ma facevano parte della percentuale non sottoposta al controllo rinforzato previsto dal piano nazionale e sulla quale abbiamo effettuato i campionamenti. Tra le possibili cause delle contaminazioni riscontrate, una potrebbe essere riconducibile al fatto che, quando viene prodotta la semente, le aziende straniere non sempre garantiscono la segregazione tra le coltivazioni, così è possibile che ci siano contaminazioni dovute, per esempio, all’impollinazione incrociata tra mais Ogm e mais non Ogm, che può avvenire tramite il vento.