Made in Italy


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Non chiamatele solo caramelle

La ' scommessa tutta italiana' di Leone pastiglie_leone_296

di Nello Rega

Con una tendenza economica al ribasso e una recessione sempre più al rialzo, il made in Italy, quello delle aziende piccole e medie, ha sempre più difficoltà a imporsi nel mercato globale. Investimenti, ricerca di mercati, costo del lavoro. Punti neri, questi, con i quali fare i conti tutti i giorni. Eppure, in un mercato così difficile e contrastato c’è chi riesce a superare gli ostacoli economici e a “preservare” un pezzo di tricolore. Nella lista di chi “ce la fa” i nomi non sono pochi, soprattutto tra le aziende a conduzione familiare o “a tradizione familiare” che eccellono per prodotto e qualità. Da qui il viaggio attraverso le piccole aziende tutte tricolori che stanno avendo fortuna e che portano avanti la ricerca della qualità e della tradizione.

La storia di questa azienda che “ce la sta facendo” inizia addirittura quando l’Italia non era ancora nata. Siamo in Piemonte. Era il 1857 quando Luigi Leone aprì una confetteria ad Alba e cominciò a produrre piccole pastiglie di zucchero che ebbero così successo da far trasferire il laboratorio a Torino. Qui era più semplice poter accontentare le richieste di clienti speciali quali la Real Casa e Cavour, che sceglieva sempre le “gommose Leone alla violetta”, che in suo onore cambiarono subito nome in “senateurs”.

Oggi a preservare e a portare avanti la qualità di “questi bottoni dolci e aromatizzati” ci pensa Guido Monero. Un signore di altri tempi, che dall’alto dei suoi 70 anni portati perfettamente e con la saggezza dovuta, ogni mattina nella sua azienda di Collegno, alla periferia di Torino, si aggira tra macchinari per la produzione, rulli per il confezionamento e ricevimento delle materie prime.

“Sono qui perché ho seguito le orme di mia madre, Giselda Balla in Monero, che da dipendente dell’azienda Dora Biscuit, pensò di fare il grande passo. Nel 1934 rilevò l’azienda che allora si trovava in Corso Vittorio Emanuele a Torino e cominciò la grande avventura commerciale. Grazie anche all’aiuto di mio padre, che era anche in questo settore, cominciarono a diffondere in tutta Italia questo marchio e queste dolcezze. Le pastiglie hanno origini lontanissime. Nacquero dall’arte di un farmacista che ebbe l’idea di mescolare zucchero e gomma arabica con aromi naturali. Il tutto per dare benefici in caso di tosse, raffreddore o altro. O solo per regalare piacevoli momenti. Ma il nome pastiglia è ancora più antico. Ha origine dai mobili decorati intorno all’anno mille. La pastiglia era l’impasto di farina e lino che serviva a applicare decorazioni senza dover ricorrere a scolpire il legno. Una sorta di ‘via più economica’ ma dai risultati artistici”.

Quando Guido Monero racconta la storia delle pastiglie i suoi occhi sono attraversati da una luce profonda. Vi è tutta la storia della sua famiglia e la dedizione che in tutta la sua vita ha dato questi piccoli “confetti dolci”. Mostrando le foto della vecchia fabbrica nel centro di Torino si sofferma su particolari che solo chi ha vissuto da vicino queste esperienze può portare nel cuore.

“Questa vite che si vede in questa foto della fine degli anni ’30 l’ho ripiantata qui, nel nuovo stabilimento. Perché anche questo fa parte della nostra tradizione. Ci sono talmente legato che non potrei farne a meno”. Oggi, a distanza di 154 anni, l’azienda Leone produce ancora con i vecchi metodi e le ricette degli antenati. E i numeri sono di tutto rispetto. Con 60 dipendenti, ha un fatturato di quasi 10 milioni di euro. E la crisi? “Sinceramente non ne abbiamo risentito. Forse solo qualche mese fa quando ‘la paura’ per l’incertezza ha frenato le richieste dei nostri prodotti. Per il resto tutto come prima. Anzi. Siamo molto presenti all’estero: Europa, America, Paesi Arabi, Australia. Ma non abbiamo mai cercato di arrivare in questi continenti. Ci hanno chiamato. Forse sembrerà strano, ma è così. Forse perché conoscono il nostro marchio, sanno che facciamo tutto secondo la tradizione e che siamo parte dell’Italia”. Anche in queste parole vi è tutto l’orgoglio di chi continua a lavorare secondo “natura”. Le ricette sono quelle di una volta, i prodotti usati vengono solo dalle migliori produzioni: la vaniglia in bacche, per esempio arriva dal Messico. E’ la migliore, anche il costo è leggermente più alto. Anche le macchine per produrre pastiglie e cioccolato sono “quelle di una volta”.

E la tradizione continua, per il ragioniere Guido Monero, anche nel cioccolato. Ha impiegato quasi tutta la vita per arrivare a produrlo, sempre secondo le antiche regole. “Per fare il cioccolato partiamo dalle fave di cacao, solo le migliori. Le tostiamo in un tostino ad aria calda per non bruciarle. Dopo averle frantumate le misceliamo nei mescolatori con rulli di pietra di granito per non stressare il prodotto”. In una città dove il cioccolato arrivò dalla Spagna attraverso i Savoia e da qui si diffuse in tutta la penisola, queste “regole” suonano come custode di tradizione. Nell’azienda Leone un macchinario per mescolare le fave di cacao segue lo stesso movimento dell’epoca azteca. Furono proprio gli Aztechi a inventare “il cibo degli dei”. Oggi le fave vengono “coccolate” per oltre 60 ore permettendo all’attrito, al calore e all’aria di eliminare l’acidità e i tannini senza perdere la componente aromatica. Così come gli ingredienti usati per il cioccolato al latte. Non latte in polvere, secondo la tradizione elvetica, ma latte fresco, che arriva puntualmente ogni mattina dalla Centrale del latte di Torino. Con questi “numeri” l’azienda Leone continua la tradizione di famiglia.

La produzione cardine resta quelle delle pastiglie con i 38 gusti e la ricetta che prevede 36 ore di lavorazione durante le quali si mescolano gomma arabica, gomma adragante, zucchero a velo, succhi, oli essenziali, estratti e coloranti tutti rigorosamente naturali. E poi le scatolette. Quelle che ricordano la tradizione italiana, i tempi che furono, le vecchie immagini, il made in Italy. “Ogni anni produciamo oltre 160 tonnellate di pastiglie. Ognuna di queste pastiglie pesa mezzo grammo o poco più. Pensate a quante possano essere. L’importante, però, è conservare sempre la stessa qualità. Per questo il nostro impegno non è vendere di più ma far assaporare il gusto a più persone possibili ma sempre con le stesse materie prime e la stessa qualità. E questo è quello che facciamo ogni giorno. Solo questo: amore e passione. E poi, la nostra azienda è fatta sempre di persone e non di macchinari. Una regola che mi hanno insegnato i miei genitori e che custodisco gelosamente. E se dovessi dirla in due parole, direi: mi sforzo ogni giorno di essere depositario della tradizione”.