di Emanuela Gialli
Sono rientrati lo scorso 4 novembre da 520 giorni di “isolamento spaziale” sulla Terra. Erano chiusi in un capannone di tre locali, a pochi chilometri da Mosca. Sei ragazzi, sei aspiranti astronauti: tre russi, un cinese, un francese e un italiano, Diego Urbina, 27 anni.
Da queste colonne si è scritto degli obiettivi di questa missione internazionale, denominata “Mars 500”, si è cercato di ragionare sulle motivazioni che possono aver spinto quei sei uomini a sottoporsi a una prova così “meta umana”. > leggi l'articolo dal nostro archivio
La risposta allora è stata trovata nella passione per il progresso della scienza.
Si era instillato, sempre da queste colonne, il sospetto che ci fossero altri obiettivi, magari più psicologici o pragmatici, come ad esempio il voler uscire dal “circuito terrestre” dell’attualità nuda e cruda, dalle incombenze della crisi, per trovare una “collocazione” che intanto avrebbe fatto loro guadagnare in un anno e mezzo 112 mila euro. “Senza spendere nulla”, aveva detto a Televideo Simonetta Di Pippo, scienziata dell’Esa e una degli artefici della sperimentazione, riferendo una battuta scherzosa rivolta a coloro che si apprestavano a chiudersi nel tunnel di uno Spazio terrestre.
Invece no. Nessun dubbio. Nella conferenza stampa del 6 dicembre scorso a Roma Diego Urbina e il suo collega francese Romain Charles hanno confermato gli ideali che li muovono.
Alla domanda di Televideo se si sentono pronti ad andare realmente su Marte, rischiando in modo serio, e si sottolinea in modo serio, la vita, a causa dell’impatto con la gravità marziana, che è ancora un’incognita, hanno risposto: “Sì, sicuramente”. Anzi, essendo cosmonauti in erba, si sono detti dispiaciuti per non essere ancora parte integrante dell’organico degli astronauti dell’Esa e dunque di non avere la possibilità di entrare nella lista dei “candidati” all’esplorazione di Marte. Poco prima però, in conferenza stampa, Urbina aveva detto: “Purtroppo ci sono molte probabilità di non farcela a sostenere l’impatto con il Pianeta. Sono stati mandati su Marte molti robot, una buona percentuale però non è sopravvissuta. Ecco, questa paura di entrare nella gravità marziana che potremmo avere in questo esperimento non l’abbiamo potuta simulare. Ma tutto quello che era possibile simulare, anche in base ai fondi disponibili, è stato simulato”.
Urbina è il nuovo modello di cittadino italiano del Terzo Millennio. Madre di Torino, padre colombiano, vivono a Bogotà, dove Diego è nato. Ma ha studiato nella città della Mole, al famoso e prestigioso Politecnico. Non è fidanzato. Nel “capannone di Mar 500” non ha sentito la mancanza della sua compagna. Quello invece di cui ha più sofferto, ha raccontato a Televideo, “è stato non avere intorno altre persone che non fossero i suoi compagni di viaggio”. Non avere quei contatti quotidiani ai quali si è abituati, che spesso vengono sottovalutati e che invece, quando improvvisamente si interrompono, diventano importanti, necessari, indispensabili. Sono quelle parole scambiate che fanno crescere la coscienza individuale, nel bene e nel male, e la consapevolezza di sé.
“Tutto è stato simulato”. Anche gli errori e gli incidenti. E sembra tra l’altro che dalla Sala controllo di Mosca (che l’equipaggio chiamava “Terra”), a pochi metri di distanza dal capannone dell’esperimento, i supervisori siano stati molto cattivi.
UNA DURA PROVA
Urbina, ci può raccontare l’incidente più cattivo che vi è stato fatto per testarvi?
Sicuramente il black-out. Noi siamo stati a lungo convinti che realmente ci fosse. Ci hanno detto che non c’era l’energia elettrica. Ci hanno detto che c’erano delle batterie che si stavano esaurendo. Abbiamo dovuto spegnere tutte le luci e lasciare solo quelle d’emergenza, altrimenti le batterie sarebbero finite. Poi abbiamo dovuto salvare il cibo, perché solo un frigorifero funzionava e tutti gli altri non andavano bene. Temevamo che il cibo si guastasse. Problemi anche al sistema di supporto vitale, quello cioè che ricicla l’aria. Ci siamo allora chiesti se avevamo sufficiente aria per respirare. Allora abbiamo fatto velocemente il calcolo, perché dalla Terra non ce lo volevano dire…
Dalla Terra? Ma voi stavate sulla Terra. Vi sentivate proprio nello Spazio….
Sì, sicuramente. E così, stavo dicendo, abbiamo calcolato quanta aria ancora ci fosse e abbiamo detto ci sarà aria per altri due giorni e siamo andati a dormire.
In questi 520 giorni, qualcuno ha aperto mai una finestrella nel capannone-laboratorio?
Mai. L’unica nostra comunicazione con l’esterno era quando dovevamo consegnare i campioni, ma c’erano due porte. Ma senza comunicazione diretta.
Ma perché Urbina l’ha fatto?
Questa è la mia carriera. Già qualche anno prima di Mars 500 avevo lavorato sul satellite del Politecnico di Torino, ho fatto un Master di Studi sullo Spazio, poi ho partecipato agli allenamenti per i nuovi astronauti europei. Era ed è parte della mia carriera.
MARTE FUTURO APPRODO DELL’UMANITA’?
Ha meno di trent’anni, Diego. Durante la conferenza stampa gli è stata fatta una domanda sulla convivenza a bordo se dell’equipaggio facessero parte anche delle donne.
Cosa cambierebbe se nel lungo viaggio verso Marte, di più di due anni, ci fossero delle donne?
Gli psicologi hanno fatto molti studi al riguardo. Qualcuno dice che la presenza femminile aiuterebbe a placare gli animi. Altri invece sostengono che non va bene assolutamente, perché le tensioni sessuali possono portare squilibrio e possono provocare incidenti gravissimi. Ma secondo me, se si fa una selezione accurata delle persone, questi problemi non ci sarebbero.
Quanto avete potuto simulare la gravità di Marte?
Stando sulla Terra, poco. Abbiamo potuto solo simulare il cambiamento tra zero G e la gravità marziana, dal punto di vista dell’intolleranza ortostatica. Anche le tute spaziali le abbiamo fatte pesare quanto peserebbero su Marte. E’ tutto quello che potevamo fare stando sulla Terra.
Ha detto di essere pronto a rischiare di morire per andare su Marte, anche come prospettiva per l’umanità. A cosa si riferiva?
La Terra è fragile. Dobbiamo pensare di distribuire l’umanità nel sistema solare. Quando succederà non lo sappiamo, ma dobbiamo cominciare adesso. Questo è un passo verso quel momento.
Lei intanto continuerà a studiare.
A studiare? A lavorare, soprattutto.