di Maurizio Righetti
La ricerca in ‘rosa’ si sta facendo strada: in un solo anno il numero delle donne nella lista dei 50 migliori ricercatori italiani al mondo è raddoppiato, ma ancora c’è molto da fare per valorizzare quella parte del gentil sesso che decide di dedicare la vita alla ricerca restando in Italia e producendo anche ricchezza economica per il Paese in termini di brevetti. Nei laboratori di ricerca le donne hanno grande produttività quali-quantitativa, ma spazi di responsabilità per nulla corrispondenti ai meriti reali: molto forte la loro presenza nei team che portano alla luce scoperte e brevetti, ma è ancora scarsa la loro presenza nel ruolo di team leader o detentrici di brevetto, senza contare la forte disparità, sul piano economico, con i colleghi maschi.
A una donna, per il terzo anno consecutivo, la borsa da 360 mila euro della Fondazione Lilly
Su 371 brevetti prodotti dai 20 migliori ricercatori italiani all’estero, in 225 progetti (il 65%) hanno lavorato ricercatrici nel team di studio, mentre solo 16 hanno come autore principale una donna. I 225 progetti a cui hanno contribuito le ricercatrici valgono oggi 503 milioni di euro e, in una proiezione a venti anni (simulando i flussi di cassa), il loro valore salirà a poco più di un miliardo di euro. I 16 brevetti ‘rosa’, poi, hanno sviluppato un valore economico pari a 74 milioni di euro come valore attuale e tra venti anni la cifra salirà a 173 milioni di euro. E’ quanto emerge da uno studio dell’Istituto per la Competitività (I-Com) presentato dalla Fondazione Lilly in occasione dell’evento annuale nell’ambito dell’iniziativa “La Ricerca in Italia: un’Idea per il Futuro” durante il quale la Fondazione premia con una borsa di studio del valore di 360 mila euro il progetto di un giovane ricercatore affinché continui a lavorare presso un centro italiano: la borsa di studio, assegnata con una metodologia assolutamente meritocratica, andrà per il terzo anno di seguito ad una ricercatrice per il suo progetto selezionato da centri di eccellenza stranieri attraverso un sistema totalmente basato sulla peer review.
Concetto Vasta: così contrastiamo la fuga dei cervelli
“Dal monitoraggio della lista dei Top Italian Researchers abbiamo osservato che nel giro di un solo anno, tra il 2010 e il 2011 – afferma Concetto Vasta, direttore generale Fondazione Lilly – il numero delle ricercatrici. I numeri mostrano che quest’ambito professionale è ancora saldamente nelle mani degli uomini, ma l’aumento della presenza femminile è un segnale importante, al quale anche il nostro organismo contribuisce con la sua borsa di ricerca annuale, uno strumento che ha l’obiettivo di alimentare la ricerca in Italia, contrastando il fenomeno della fuga dei cervelli”. Quest'anno la Fondazione Lilly, insieme alla Fondazione Cariplo, ha assegnato la borsa di ricerca nella terza edizione del Premio “La Ricerca in Italia: un’Idea per il Futuro”, sul tema “Nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer”.
Per il 2011 premio alla palermitana Chiara Cerami. “Avevo pensato di emigrare”, dice
Il progetto vincitore è di Chiara Cerami, 32 anni palermitana, assegnista di ricerca e consulente Neurologo presso l’Università Vita-Salute e Istituto Scientifico San Raffaele di Milano. “In questo momento è molto difficile fare ricerca in Italia – afferma l'assegnataria del premio – . Ma, più di ogni altra cosa, è difficile trovare la propria strada, un percorso che ti permetta di sviluppare un tuo progetto, perché anche nella ricerca medica la vera soddisfazione sta nel perseguire la propria idea fino a darle concretezza. Ho deciso di rimanere in Italia perché volevo contribuire allo sviluppo della ricerca nel mio Paese e perché ho avuto la fortuna di trovare un centro di eccellenza, il San Raffaele ma nei momenti di difficoltà e incertezza che hanno segnato il mio percorso ho spesso pensato di andare all’estero”.
Ricerca avanzata sui nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer
La ricercatrice siciliana studierà l’Alzheimer in pazienti affetti da declino cognitivo lieve e soggetti portatori asintomatici di mutazioni genetiche note per questa malattia e li confronterà con persone con Alzheimer conclamato. Per la prima volta, valuterà insieme i due aspetti alla base della patologia: l’infiammazione e la degenerazione. Il secondo aspetto innovativo del progetto riguarda la diagnosi precoce. La ricercatrice cercherà le alterazioni presenti nei portatori della malattia anni prima che si manifesti, attraverso l’uso di nuovi marcatori di diagnosi in fase di sviluppo, arrestando in anticipo la degenerazione neurocognitiva.
Tre premi anche per la ricerca sui biomarcatori per tumori solidi. Vinti tutti da donne
La Fondazione Lilly, oltre alla borsa di studio per il progetto di ricerca più valido, assegna anche tre premi di entità minore alle tre migliori pubblicazioni scientifiche degli ultimi 5 anni sul tema "nuovi biomarcatori per le patologie neoplastiche: tumori solidi"; anche i tre premi per le pubblicazioni assegnati quest’anno sono vinti da sole donne. La prima, 32 anni, originaria di Roma, lavora a Rotterdam. La seconda, 34 anni di Ancona, vive e lavora negli USA. La terza, 35 anni originaria del Venezuela, ha un contratto triennale presso il centro di Aviano.
E a due donne sono state assegnate le precedenti “borse”
Nel corso delle edizioni del premio alla ricerca della Fondazione Lilly sono state premiate giovani donne provenienti prevalentemente dalle regioni del Meridione italiano, impegnate in diversi ambiti della ricerca medica. Due ulteriori “valori aggiunti”. Nel 2009, la borsa di studio è stata assegnata ad Anna Leonardini, 34 anni di Monopoli, in provincia di Bari, figlia di un maresciallo della Guardia di Finanza e di un’insegnante di inglese, che sta lavorando presso l’università del capoluogo pugliese sui meccanismi che regolano la rigenerazione del cuore nei pazienti diabetici. Lo studio è partito isolando cellule progenitrici cardiache (quelle che si riproducono e si differenziano). Per la prima volta è stato osservato come si comportano in situazioni di “stress”, tipiche dei pazienti diabetici e come reagiscono ai nuovi farmaci incretinici. Anna Leonardini ha scoperto che questa nuova categoria di farmaci è in grado di proteggere le cellule progenitrici cardiache favorendone la sopravvivenza e preservando, di conseguenza, il processo rigenerativo altrimenti compromesso. Nei prossimi due anni di ricerca, studierà come gli effetti delle incretine scoperti possano essere tradotti in benefici cardiovascolari per pazienti sia diabetici che non diabetici. Nel corso degli ultimi due anni, il progetto è stato presentato in occasione dei più prestigiosi congressi nazionali e internazionali di diabetologia. Nel 2010, la Fondazione Lilly ha premiato Tiziana Vavalà, 30 anni di Catanzaro, del Dipartimento di Pneumologia Oncologica (SCDU) dell’Azienda Ospedaliero Universitaria S. Luigi Gonzaga di Orbassano - Università di Torino. Tiziana ha finalizzato i suoi studi in oncologia medica, una specializzazione che le consente di “curare il malato, accompagnando la sua famiglia, mentre si affronta la sfida per lo sviluppo di farmaci anti tumorali sempre più efficaci e meno tossici – afferma – . Il malato oncologico è quello che più di tutti ha bisogno di un approccio globale: professionale, psicologico e perfino di supporto al suo nucleo familiare. Il ruolo del medico è totalizzante”. Il progetto di ricerca su cui sta lavorando la Vavalà ha l’obiettivo di trasferire, per la prima volta, i dati di farmacogenomica dalla ricerca alla pratica clinica puntando alla “personalizzazione” della terapia per il tumore al polmone sul singolo malato, in particolare nella popolazione anziana, dove le possibilità di cura sono limitate e non esistono studi di farmacogenomica specifici.
L'Italia perde 1 miliardo all’anno per i ‘cervelli in fuga’, una vera e propria emorragia di capitali
La Borsa da 360 mila euro serve anche per evitare le disastrose conseguenze economiche provocate dalla fuga dei cervelli, una vera e propria emorragia di capitali. Ogni anno, l’Italia perde oltre 1 miliardo di euro di ricchezza, generato dai 243 brevetti che i nostri migliori 50 cervelli producono all’estero. Un valore che proiettato a 20 anni arriva a toccare quota 3 miliardi di euro. Tutto questo in un momento storico in cui occorrerebbe puntare proprio sulla crescita e l’innovazione, per contribuire allo sviluppo generale. Ma i fondi destinati alla ricerca sono fermi ai valori di undici anni fa: nel 2000, infatti, la percentuale destinata alla ricerca era pari all’1,1% e nel 2011 si registrano pochissimi i progressi. Il valore oscilla tra l’1,1% e l’1,3%, suddiviso in 0,6% da fondi pubblici e 0,5% da privati. “L’investimento in ricerca e sviluppo in Italia è sotto la media dei paesi OCSE”, afferma Andrea Lenzi, Presidente del Consiglio Universitario Nazionale (CUN). “Una situazione sostanzialmente statica che si aggrava di anno in anno – sottolinea Patrik Jonsson, presidente Fondazione Lilly - per l’alto numero di ricercatori che scelgono di emigrare verso Paesi in cui è ancora possibile fare ricerca e dove il lavoro è giustamente remunerato e valorizzato sulla base del merito. Per questo motivo stanziamo per la borsa di ricerca, una somma annuale che sia congrua con gli stipendi medi percepiti dai ricercatori nei paesi più avanzati”.
Ignazio Marino, presidente Commissione d’Inchiesta sul Ssn: “C'è totale assenza di cultura del merito all’interno delle nostre università. Ma è quella la vera rivoluzione”
“Considero l'iniziativa della Fondazione Lilly un segnale importante per i tanti giovani ricercatori che scelgono di non abbandonare al suo destino il nostro Paese impegnandosi, nonostante il clima poco incoraggiante, a costruire sapere e conoscenza” spiega Ignazio Marino, Presidente Commissione d’Inchiesta sul Ssn. “I motivi che spingono i nostri migliori ricercatori a emigrare all’estero sono legati alla totale assenza di cultura del merito all’interno delle nostre università e al disinteresse generale nei confronti della ricerca. Se la classe politica non cambia le sue convinzioni, continueremo a rimanere il fanalino di coda nel mondo industrializzato con un misero 0,9% di Pil destinato a progetti di ricerca, per di più assegnati senza alcun criterio di merito. Sarebbe ora di invertire la tradizione storica del nostro paese e puntare sull'innovazione, sulla tecnologia, sulle grandi opportunità della ricerca biomedica, anche scardinando quelle rendite di posizione troppo consolidate nella storia d'Italia. La cultura del merito è la vera rivoluzione
Antonio Tomassini, presidente Commissione Sanità del Senato: “Occorre offrire un futuro migliore ai nostri giovani ricercatori”
“I successi della ricerca rappresentano la punta scintillante di un iceberg, che risplende immacolata alla luce del sole, ma la cui mole, la cui vera energia si racchiude nella parte sommersa, quella parte che nessuno vede ed immagina e che si estende al di sotto del livello del mare, ben oltre l’immaginabile” ha affermato Antonio Tomassini, Presidente Commissione Sanità del Senato, “quella parte che si occupa, molto materialmente, di incanalare nella maniera più corretta ed efficace il lavoro della moltitudine dei ricercatori, fatto di piccoli passi, di grandi sacrifici, di disperanti disillusioni, ma anche e soprattutto di inimmaginabili successi”. Per questo, è giusto “premiare l’opera inarrestabile e preziosa di chi opera nella ricerca, un riconoscimento dovuto, che renderà la vostra presenza sempre più incisiva e sempre più determinante nella realtà del nostro Paese. I successi di questa vostra associazione, gratificati dalla riconoscenza della società e dai riconoscimenti del mondo accademico e della comunità scientifica rappresentano il nostro massimo orgoglio. Lavoriamo allora insieme per diventare una squadra ancora più unita, coesa, in grado di offrire qui, proprio qui nel nostro Paese, un futuro migliore ai nostri giovani ricercatori. Noi siamo chiamati ad una sfida che per gli scettici sembrerà irraggiungibile: impedire ai nostri migliori cervelli la fuga verso lidi lontani”.