Al suicidio assistito si arriva dopo un lungo iter, e se la domanda di Lucio Magri e' stata accolta le sue condizioni sono state ritenute tali da giustificare questo passo. Lo afferma Emilio Coveri, presidente di Exit Italia, l'associazione 'per il diritto ad una morte dignitosa'.
"Il primo passo e' la richiesta alla clinica, che viene corredata di cartelle cliniche e pareri medici che attestino le condizioni del paziente - spiega Coveri - questi viene poi esaminato da una commissione di tre medici uno dei quali, se la domanda viene accolta, accompagna il paziente fino alla fine. I medici non accolgono la richiesta se pensano che la condizione sia reversibile, o se la richiesta sembra fatta piu' sull'impulso del momento".
Secondo le cifre raccolte dall'associazione i due terzi delle richieste di suicidio assistito vengono respinti. Dall'Italia nel 2010 sono stati 19 i pazienti la cui morte e' stata assistita nella clinica cui si è rivolto Magri, l'unica che accoglie anche pazienti stranieri, e di questi due avevano la depressione: "Non esistono malattie di serie a o di serie b - sottolinea Coveri - e anche in molti casi di depressione c'e' una sofferenza enorme che non si riesce a curare. Il 40% delle persone che arriva in clinica per il suicidio assistito poi cambia idea e torna a casa, ma chi rimane sta male veramente".
In Italia il suicidio assistito non e' ammesso, mentre in Europa e' possibile in Belgio e Olanda, oltre che in Svizzera. Ogni anno circa 200 persone ricorrono alla morte assistita in Svizzera, dove il suicidio assistito e' consentito dal 1941 a condizione che non sia legato ad alcun motivo egoistico ed e' ammesso solo in modo passivo, cioe' procurando a una persona i mezzi per suicidarsi, ma non aiutandola a farlo. 'Accompagnato' fino alla fine del 2010 un totale di 1.138 persone, di cui 592 provenienti dalla Germania, 118 dalla Svizzera, 102 dalla Francia, 19 dall'Italia, 18 dagli Stati Uniti e 16 dalla Spagna.