Tempi che cambiano


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Gli immigrati danno lavoro agli italiani

Identikit dell'imprenditore straniero i

E' giovane, ha 40 anni e in media piu' figli rispetto al collega italiano, una discreta formazione scolastica (oltre 12 anni di studio nel paese d'origine), vive in Italia da 18 anni, dove e' arrivato a causa delle cattive condizioni economiche nel paese di origine. Questa la fotografia dell'imprenditore immigrato 'medio' scattata da un'indagine del Cnel su "Il profilo nazionale degli immigrati imprenditori in Italia", e svolta dall'Organismo nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri in collaborazione con il Dipartimento di studi sociali e politici.

L'indagine si basa su un sondaggio svolto tra 200 imprenditori immigrati. Ne risulta che lo straniero che si mette in proprio lo fa per essere autonomo, guadagnare di piu' e valorizzare le proprie capacita'. Nella maggior parte dei casi, e' titolare dell'impresa nella quale impiega circa 5 addetti, prevalentemente italiani. In generale, dunque, gli imprenditori stranieri sono ben integrati con le piccole imprese italiane, sono motivati e propensi al rischio e soprattutto hanno voglia di crescere.

Secondo quanto emerge dallo studio, la maggior parte degli immigrati imprenditori (67%) ha messo su un'impresa autofinanziandosi grazie a un lungo periodo di lavoro come dipendente. La maggior parte degli imprenditori immigrati, poi, considera il rapporto con gli italiani piu' importante rispetto alle relazioni con i connazionali e con i familiari. Clienti e fornitori sono soprattutto italiani (con differenze significative a seconda dei comparti), cosi' come lo sono i consulenti cui si rivolgono (fiscali, contabili e in materia di sicurezza e igiene). Sul fronte dell'occupazione, il 22,2% degli intervistati propende ad assumere personale italiano.

Le piccole imprese degli immigrati, al pari di quelle autoctone, considerano la reputazione un elemento fondamentale per il loro successo, e hanno, come le 'piccole' italiane, gli stessi problemi di fronte alla crisi. Se si chiede che la piccola impresa contribuisca allo sviluppo economico, osserva il Cnel, si deve chiedere agli imprenditori immigrati quello che si chiede agli italiani: crescere. Altrimenti, la presenza degli imprenditori immigrati rischia di innescare una competizione al ribasso e a risentirne sara' la produttivita' del sistema.

Gli immigrati hanno trovato spazio nel nostro paese piu' che nel resto dell'Europa, non solo per la maggiore diffusione della piccola e piccolissima impresa sul nostro territorio, ma anche a causa del mancato ricambio generazionale nella gestione dell'impresa italiana, dovuta alla scarsa motivazione dei figli, ai modesti guadagni e tempi di lavoro piu' lunghi. In questa situazione, gli immigrati si sono sostituiti agli autoctoni grazie alla loro grande voglia di lavorare, che deriva soprattutto dalla voglia di riscatto sociale, piu' che economico, e alle piu' modeste aspettative reddituali.

"Il governo di responsabilita' nazionale -ha affermato Giorgio Alessandrini, presidente dell'Onc Cnel- apre un orizzonte nuovo alle politiche dell'immigrazione in Italia. Il nuovo ministero di Cooperazione e Integrazione prospetta un cambiamento politico radicale, che salda, a vantaggio dei Paesi di origine e di accoglienza, cooperazione internazionale per lo sviluppo, in termini di relazioni economiche, sociali e istituzionali, e politiche immigratorie, da riconsiderare, integrandole fin dai Paesi di provenienza, in tutti i loro aspetti".

"D'altronde -ha ancora affermato Alessandrini- la forte sollecitazione del Presidente Napolitano sull"assurdita" di negare la cittadinanza alle seconde generazioni degli immigrati, finalmente, riconosce e rafforza il senso dell'obiettivo dell'integrazione. Che senso ha l'impegno per l'integrazione senza la prospettiva della cittadinanza in quanto vincolata allo 'ius sanguinis'?".

Alessandrini ha chiesto "una nuova politica europea e dei singoli Paesi dell'Ue che riconosca nell'immigrazione un veicolo forte del cosviluppo, a partire dall'area euro mediterranea" e che sia "lungimirante".

"Gli squilibri demografici ed economici sono destinati a determinare un rilevante fenomeno migratorio particolarmente dall'Africa verso l'Italia e l'Europa. Nel mondo -ha concluso- 8 sui 10 Paesi con eta' mediana piu' alta sono europei, 8 sui 10 Paesi con eta' mediana piu' bassa sono africani; nel 2050 vi saranno in Europa 103 milioni di persone in eta' lavorativa in meno, con un calo della popolazione di 50 milioni, mentre la popolazione africana crescera' di 1 miliardo di persone. Il 73% dei subsahariani vivono con meno di 2 dollari al giorno".