di Rita Piccolini
In occasione della “Giornata mondiale del bambino e dell’adolescente” la Società Italiana di Pediatria ha organizzato in tutte le regioni italiane “gli Stati Generali”, che quest’anno hanno avuto come tema il complesso rapporto dei bambini e degli adolescenti con il web. Al centro del dibattito non solo i rischi e le opportunità che la rete offre ai giovanissimi internauti, ma anche la ricerca di nuove idee per la costruzione di una politica che tuteli il minore e aiuti contemporaneamente i genitori e la scuola a sfruttarne le enormi potenzialità, scacciando al tempo stesso tutte le “fate, gli orchi e le sirene” che l’affollano. All’incontro nella sede della regione Lazio hanno partecipato oltre a pediatri, sociologi, psicologi, neuro psichiatri anche giornalisti, esponenti della Forze dell’ordine, magistrati.
Zhu Zhu? No grazie! Colpisce l’intervento al dibattito del direttore del Tempo Mario Sechi che, mettendo in guardia i giovanissimi dalle insidie delle nuove tecnologie pur sottolineandone le indubbie qualità e la centralità nel ruolo informativo e divulgativo nella realtà contemporanea, ci ricorda che pur sempre di oggetti stiamo parlando: utili, anzi ormai indispensabili, imprescindibili, addirittura “seduttivi” per il loro alto valore estetico (pensiamo ad alcuni tablet o a certe magnifici modelli di smart phone) ma pur sempre oggetti, e non esseri viventi con cui stabilire una relazione e con cui soppiantare le amicizie reali. E Zhu Zhu chi è? Anzi cos’è? E’ un piccolo robot con le sembianze accattivanti di un delizioso animale domestico. In Giappone e negli Stati Uniti è già molto diffuso, comincia ad esserlo anche da noi, come “regalo” per i nostri bambini, così come gli altri gioco elettronici, dal Nintendo alla Play Station. Quali sono le sue qualità? E’ programmato per fare quello che vogliamo, seguirci, obbedirci, dimostrarci affetto (sic!) e in cambio non chiede nulla. Non deve mangiare, non sporca, non deve essere fatto uscire e poi può rompersi sì, ma non muore… E’ il contrario della vita reale! Ma che messaggio è mai questo per un bambino. Che insegnamento può trarne per affrontare i problemi della vita e la conoscenza della realtà. Come può far scattare in lui la molla dell’amicizia, della solidarietà, dell’empatia, dell’amore.
E’ questo il dato importante emerso nel corso del dibattito. Le nuove tecnologie sono strumenti importanti per conoscere il mondo, per accrescere la nostra cultura, per comunicare, ma sono appunto strumenti. Sono il tramite per raggiungere un fine, non il fine stesso. Ed è questa la peggiore insidia a cui sono esposti i nostri bambini e adolescenti qualora si perda di vista questa semplice verità. Tutti gli esperti presenti, soprattutto i medici, lo sottolineano con forza. Bisogna aiutare i ragazzi a usare questi strumenti nel modo giusto, prima di tutto facendo sì che “accendano sempre il cervello” prima del loro utilizzo, esercitando il senso critico con l’aiuto in primis dei genitori, poi degli insegnanti e degli educatori in genere. Per navigare in rete allo scopo di esserne arricchiti e non adescati sotto la minaccia di rimanere imbrigliati nelle sue maglie vischiose, esposti agli appetiti inconfessabili di chi la percorre come terra di conquista, è necessario essere affiancati dagli adulti.
Adulti che siano a loro volta in grado di navigare e di non subire passivamente e acriticamente tutto ciò con cui si viene in contatto a volte casualmente sul web. La solitudine è il maggior pericolo per i giovanissimi che trascorrono ore e ore davanti a un computer e a maggior ragione lo è per i bambini, soprattutto in considerazione del fatto che l’Italia registra un dato più alto della media europea per accesso a Internet dalla propria camera (62% contro il 49%) senza la supervisione di un adulto. Il collegamento dalle scuole è il più basso tra quelli europei. Altro dato preoccupante: i nostri ragazzi sono all’ultimo posto dopo la Turchia, preceduti da Romania, Ungheria e Cipro, per quanto riguarda l’alfabetizzazione digitale e il possesso di specifiche competenze in grado di garantire una maggiore sicurezza nella navigazione. Una contraddizione questa solo apparente: tanto tempo a navigare,ma privi degli strumenti giusti per difendersi dai pericoli della rete. Gli insegnanti e i genitori italiani sono in assoluto i meno coinvolti nelle attività on line dei ragazzi e questi ultimi sono i meno consapevoli dei rischi che i propri figli possono correre sul web.
L’allarme è lanciato con forza dagli agenti della Polizia Postale e delle Comunicazioni già dal lontano 1998, anno di entrata in vigore della legge 269 con le “norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale ai danni dei minori, quali nuove norme di riduzione in schiavitù”, che si occupano della repressione della pedopornografia on line.
Quando si parla di rischi della rete non si parla quindi soltanto del pericolo che i giovanissimi subiscano un’informazione senza filtri dannosa e fuorviante, ma di danni veri e propri per la loro psiche e il loro benessere. Vediamole in dettaglio queste insidie così come vengono esposte nella scheda Eu kids Online, una ricerca realizzata dall’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano: la pornografia, il 14% dei ragazzi tra i 9 e i 16 anni in Italia dichiara di aver visto immagini a sfondo sessuale nell’ultimo anno; il bullismo, il 6% del campione ha ricevuto messaggi offensivi online (2% nel nostro Paese) , il 3% li ha mandati a coetanei; il “sexting”, il 15 % del campione (4% in Italia) ha ricevuto immagini a sfondo sessuale da coetanei; gli incontri offline con persone conosciute online; i contenuti potenzialmente pericolosi generati dagli utenti che incitano all’odio, all’anoressia, all’autolesionismo, al consumo di droghe, al suicidio e infine la temibile “Internet addiction”.Il 30 % dei ragazzi europei tra gli 11 e i 16 anni (18% in Italia) ha sperimentato almeno un’esperienza connessa ad un uso eccessivo della rete (trascurare amici o scuola, perdere sonno, essere in parte dissociati dalla realtà).Ce n’è abbastanza perché un genitore ansioso nasconda il computer in soffitta e aspetti che i figli raggiungano almeno la maggiore età. Ma non è questa la scelta giusta.
Il web esiste, è importante, è il mezzo che i giovani usano maggiormente per informarsi e per comunicare tra loro grazie ai social network. Non si può far finta che questi strumenti non esistano, indietro non si torna mai. Ma bisogna cavalcare queste opportunità che lo sviluppo tecnologico ci offre, farle proprie, servirsene con una conoscenza adeguata fin da piccolissimi, fin dalle scuole primarie. I nostri bimbi rispetto ai coetanei europei sono meno “digitalizzati” e questo può costituire un handicap per la loro conoscenza. La mediazione di adulti preparati e consapevoli è il primo passo per metterli allo stesso livello di tutti gli altri proteggendoli dai pericoli. Uno dei relatori ha usato un’immagine efficace per descrivere l’atteggiamento giusto di un genitore attento: “Mia madre mi ha insegnato ad attraversare la strada senza correre rischi, usando tutte le cautele necessarie, lo stesso vale per chi avvicina e accompagna i figli nella navigazione”.
A questo scopo i pediatri hanno redatto un “Manifesto”per un uso positivo e sicuro del web: niente divieti e prescrizioni, ma più investimenti a cominciare dalla scuola. Un uso precoce del computer finalizzato a fini formativi e mediato e tutelato da figure adulte permetterebbe una riduzione dei rischi potenziali per i più piccoli, garantendo loro l’accesso a un mondo di informazioni allo stesso livello di quello dei coetanei di tutto il mondo.