di Maurizio Righetti
Lo Stato non funziona, il loro ordinamento sì; con loro il guadagno per gli aderenti è assicurato e ai parenti è garantita la sopravvivenza anche quando il capofamiglia muore o è in carcere; il loro sistema economico funziona. Sono concetti che spesso si ripetono quando di parla delle organizzazioni malavitose. Ma, al di là di ogni considerazione di ordine etico, morale e legale, la realtà non è per niente così “romantica”.
La vita media del camorrista? 40 anni
Gaetano Daniele, presidente dell’Osservatorio sulla camorra e l’illegalità in Campania, è chiaro: “Se escludiamo i pochi ‘big’, sulla cui tranquillità non si potrebbe comunque scommettere, la vita media dei camorristi è di quaranta anni, alcuni o molti dei quali trascorsi in galera. Le vendette trasversali spesso colpiscono i familiari (non solo quelli direttamente implicati) e anche chi, parente o meno, si trova nel raggio d’azione dei killer anche solo casualmente. E l’economia risente sì, della malavita, ma in negativo e pesantemente. Due semplicissimi esempi: gli abusi edilizi provocano disastri ambientali e le discariche fuori legge ‘avvelenano’ le coltivazioni a tal punto che i prodotti locali, precedentemente molto apprezzati, finiscono totalmente fuori mercato”.
Osservatorio, qui sono passati Siani e Saviano
Daniele, già vice presidente della giunta regionale campana e sindaco di Ercolano, attualmente presidente dell’Anci Campania, parla ai giovani delle scuole di Terracina nell’aula magna dell’Istituto Bianchini in uno degli appuntamenti del progetto “Incontri sulla legalità” organizzati da Agostino Alla e Angela Iantosca. Spiega il ruolo dell’Osservatorio: un centro di studi, ricerche, iniziative “contro le mafie” col quale collaborano illustri studiosi e giovani ricercatori. Qui lavorarono anche Giancarlo Siani, il giovane cronista del Mattino ucciso 26 anni fa, e Roberto Saviano. Scopo dell’organismo è “diffondere la cultura della legalità”.
L’iniziativa “Pago chi non paga”
A Napoli, nel concreto, spiega Gaetano Daniele, più conosciuto come Nino, sono state “derackettizzate” due piazze, “Pietrasanta” e “Pignasecca” nel quadro dell’iniziativa, alla quale hanno preso parte tra gli altri Silvana Fucito e Tano Grasso, denominata “Pago chi non paga.” Tutti i negozianti espongono un cartello che testimonia il loro rifiuto di pagare il pizzo. Tra i primati di Napoli “ci sono la lotta al racket delle estorsioni e l’avvio del consumo critico, iniziative che hanno coinvolto i consolati di Germania e Gran Bretagna, che hanno promosso guide turistiche distribuite nei loro Paesi con indicati i negozi e le attività commerciali aderenti all’antiracket. Non pagare il pizzo alla camorra e aiutare chi non paga è realizzare un patto civile di legalità".
Il ruolo degli imprenditori coraggiosi
La battaglia contro il racket, Daniele la avviò quando era sindaco ad Ercolano (2005-2010), una delle capitali riconosciute del malaffare, in collaborazione con le forze dell'ordine e con gli imprenditori più coraggiosi. Una sfida forte, aperta, a schiena dritta. Daniele andava perfino a cancellare di persona, da solo e di notte, le scritte inneggianti ai clan e minacciose nei suoi confronti, che gli addetti comunali non toccavano per paura delle ritorsioni. “Sì. Ho avuto paura anche io, ci sono stati momenti di forti tensioni., bombe carta sotto il Comune. A volte mi sono sentito solo. Ma la mia amministrazione e io abbiamo tenuto duro perché la parte migliore della città ci sosteneva”.
Il pizzo sottrae ai campani oltre un miliardo
Ma quanto costa la camorra alla comunità in Campania? “Se consideriamo anche usura e racket, la perdita secca si aggira intorno al 10/20% del Pil dell’intera Regione. Nel 2009 la Fondazione presentò alcuni studi relativi alle province di Napoli e Caserta e risultarono 510 casi di racket registrati in più di 250 atti giudiziari (dati che si riferiscono al periodo 2000 – 2009). Il pizzo sottrae all’economia pulita circa un miliardo di euro all’anno…”. Dati che si possono ricavare da un bellissimo studio promosso dalla Fondazione Rocco Chinnici, “I costi dell’illegalità. Camorra ed estorsioni in Campania”, edito dal Mulino, curato da Giacomo Di Gennaro e Antonio La Spina, pubblicato a fine 2010.
Internazionalizzare la lotta. Dal basso
Come si esce dagli stereotipi abusati del tipo Napoli uguale camorra? “Occorre lavorare molto. E dare esempi concreti,, mettere in atto azioni forti per attirare l’attenzione della stampa”, spiega Nino Daniele. Negli scavi di Ercolano, ad esempio, “proponiamo la piantina turistica antiracket, stampata in Germania, a cura del Consolato tedesco di Napoli. I turisti tedeschi possono ammirare scavi e ville del ’700 , ma sapere anche in quali negozi comprare, con la certezza di non dare i propri soldi alla malavita. È la prima forma, bellissima, di internazionalizzazione dal basso della lotta al racket, che è un problema globale. Il Console britannico si è adoperato a fare altrettanto con i cittadini inglesi”.