di M.Vittoria De Matteis
(mv.dematteis@rai.it)
Quando un tg nazionale chiede a un adolescente di dire alle telecamere ‘cosa si prova?’ per la morte della madre appena avvenuta nel nubifragio di Genova (Corriere della Sera dell’8/XI/’11), c’è qualcosa che non va. Nel seminario di formazione per giornalisti dal tema 'Bulimie - Dalle abbuffate virtuali alla sobrieta' dell'informazione' (Fermo, dal 25-27/XI/2011) si parlerà di come siamo informati: dentro i vari spazi virtuali, ci nutriamo compulsivamente di poche notizie rimasticate all'infinito, di "tempo reale", di cronaca frammentata o seriale. Come tenere in funzione il filtro dello spirito critico? Occorre analizzare la forza e i punti deboli del fenomeno, evitando la demonizzazione delle nuove tecnologie. E’ auspicabile una nuova sobrietà nella vita quotidiana, anche nel consumo e nella produzione di informazione. Ne abbiamo parlato con l'avvocato Nino Marazzita, ospite di trasmissioni televisive di attualità.
L’art. 21 della Costituzione sancisce il diritto di espressione e d’ informazione: i media rispettano ‘la forma civile dell’esposizione dei fatti’ di cronaca nera?
Noto che, nei periodi storici, l’accentuazione sulla nera coincide con momenti politici di grande difficoltà. Questo è un momento in cui la politica intanto non è ‘politica’. Io credo che la cosa più giusta sull’argomento l’abbia detta la moglie di Berlusconi, quando alla domanda di qualcuno se il marito stesse instaurando un vero e proprio regime, rispose: “Non sta instaurando nessuna dittatura, mio marito sta uccidendo la politica, che è una cosa più grave”, e credo sia un giudizio lapidario ma abbastanza vicino alla realtà. Io lo dissi l’altra volta in tv: si parlava di Vanna Marchi. Questo è un Paese dove Vanna Marchi è diventato l’esempio di criminalità. In ogni truffa c’è sempre un truffato molto ingenuo che si illude di avere un guadagno, come questi piccoli Murdock italiani che dicono di dare il triplo dell’interesse: lì la vittima non ha il senso della realtà ed è talvolta avida. Ma i problemi dell’Italia sono, per esempio, quelli di alcuni finanzieri condannati per bancarotta fraudolenta: mi riferisco a Geronzi, che ha tre processi con due sentenze di condanna, di cui una definitiva.
Torniamo a quanto oggi l’informazione risponda al principio di ‘continenza formale’
La continenza formale non la vedo, in genere. Qualche forma di incontinenza formale l’ho vista anche nei processi, per la verità, quando in trasmissioni pomeridiane -viste quindi anche da bambini- si accentua l’aspetto dell’autopsia e della violenza: queste cose vengono meno al principio di continenza. La verità, in casi giudiziari di cui si parla continuamente ogni giorno e ogni ora, non può essere continuamente ripetuta e modificata attraverso indiscrezioni giornalistiche. Si crea un circolo vizioso: gli autori della trasmissione chiedono agli inviati sempre nuove notizie. Allora i giornalisti fanno i salti mortali per cercarle, queste notizie, che quasi mai ci sono e quindi si contrabbandano per nuovi fatti dei pettegolezzi, sostanzialmente.
Fra i requisiti individuati nell’art. 21, la Cassazione (18.10.84, N.°5259) oltre alla ‘forma civile’ riconobbe ‘l’utilità sociale dell’informazione’ e ‘la verità -anche putativa- dei fatti’
Il paradosso è che il diritto di informazione è fondamentale nel meccanismo democratico, ma qui non è che si informa: qui c’è un’overdose di informazioni, e siccome sono richieste a giornalisti e a chi partecipa in veste di esperto, sono argomenti ripetuti e talvolta devianti, perché io mi affanno a dire che c’è un’udienza preliminare che consiste nel filtro, etc. Mentre discuto con la compagna di salotto (che è un’attrice, che magari non segue tanto il mio discorso quanto il fatto di proporsi come tale e dice delle cose banali che io non ho il tempo di correggere, perché poi la banalità è anche una deviazione della verità che non è verità né verità putativa.