di Sandro Calice IMMORTALS
di Tarsem Singh, Usa 2011, fantasy (01 Distribution)
Henry Cavill, Freida Pinto, Mickey Rourke, Kellan Lutz, Isabel Lucas, Luke Evans, John Hurt, Stephen Dorff, Joseph Morgan, Corey Sevier, Steve Byers, Alan Van Sprang, Luccio Romano Orzari, Robert Maillet, Daniel Sharman.
La rilettura in chiave moderna, e tecnologica, degli antichi miti greci continua ad affascinare Hollywood, che come al solito usa l’idea di fondo per raccontare, e farci vedere, altro.
Il malvagio e potente re Iperione (Rourke) si è messo in testa di risvegliare i Titani per combattere gli dei stessi. Per farlo ha bisogno di un arco leggendario nascosto in un luogo noto solo a pochissimi eletti, e non esita a distruggere tutto quello che incontra sul suo cammino per trovarlo. Nessuno pare in grado di fermarlo ed è così sicuro del suo potere che quando rade al suolo l’ennesimo villaggio e un contadino di nome Teseo (Cavill) si ribella, lui lo priva di ciò che ha di più caro al mondo e lo lascia in vita, per usarlo come schiavo. Teseo però è destinato dalla nascita a grandi imprese, Zeus in persona veglia su di lui e le catene non lo trattengono. In compagnia di Fedra (Pinto), l’oracolo della Sibilla, del ladro Stavros e di altri compagni, Teseo diventa l’ultimo baluardo tra Iperione e la distruzione della Grecia, del mondo intero e forse dello stesso Olimpo.
Tarsem Singh (“The Cell”, “The Fall”) approccia la materia con le migliori intenzioni e con ottimo mestiere. Quando gli hanno proposto il soggetto si è presentato con un’idea chiarissima: le immagini, le atmosfere dovevano essere ispirate ai lavori di Caravaggio. Il risultato, intenzioni a parte, è visivamente affascinante, anche se aleggia un po’ troppo lo spettro di “300” e se gli ambienti a volte sembrano più resort di lusso che templi e fortezze greche. Costumi, combattimenti e coreografie sono all’altezza delle aspettative, e gli attori, compreso il futuro Superman di Zack Snyder, Henry Cavill, sono nella parte. Dove il film scende vistosamente di livello è nella sceneggiatura (di Vlas e Charles Parnapinades), che a parte le ormai scontate “licenze poetiche” che riscrivono la mitologia classica, non accompagna degnamente lo svolgersi della storia né lo sviluppo dei personaggi, tanto che in qualche caso verrebbe voglia di togliere l’audio per gustarsi semplicemente lo spettacolo.
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