di Fred Schepisi. Australia 2011, commedia/drammatico (The Little Film Company)
Geoffrey Rush Charlotte Rampling Judy Davis John Gaden.
I conti e i bilanci si fanno sempre quando la vita è in pericolo, che sia al centro di un uragano o su un letto di morte.
Sidney, 1972. Elizabeth Hunter (Charlotte Rampling) è un’anziana e ricca signora che sta per morire, attorniata e servita da due infermiere, una cuoca tedesca e dall’avvocato di famiglia, Arnold Wyburd (John Gaden), da sempre e in silenzio innamorato di lei. Elizabeth, cinica, egoista, capricciosa, ha vissuto una vita piena, senza negarsi nulla, quasi sempre a spese degli altri, e nonostante abbia ancora un’energia e una vitalità contagiose, sente che la fine sta per arrivare e decide di convocare i suoi due figli, Sir Basil (Geoffrey Rush), attore a Londra, invecchiato aspettando la fama, e Dorothy (Judy Davis), moglie spiantata di un principe francese. E’ come se Elizabeth avesse bisogno di loro, che l’hanno allontanata anni prima sentendosi non amati, per ridefinire alcuni ricordi, per chiudere sentimentalmente certi capitoli della sua vita, forse per un non confessato desiderio di riconciliazione, prima di andarsene. Ma se hai seminato vento non puoi aspettarti il sereno, la ferocia dei ricordi, che Elizabeth usa per fare pace con se stessa, travolge tutti e risveglia dolori antichi, mentre tutti, ognuno a modo suo, si preparano all’addio.
Tratto dal romanzo omonimo di Patrick White, premio Nobel australiano per la letteratura nel 1973, “L’occhio dell’uragano” è un film sulla complessità dei rapporti familiari, sull’ipocrisia delle relazioni, qui amplificata dal contesto e dal periodo. Schepisi (“Sei gradi di separazione”, “Vizio di famiglia”) si appoggia molto a una sceneggiatura in punta di penna, con sicuri effetti umoristici, ma soprattutto alle splendide prove degli attori, Rampling su tutti. Se difetto c’è, è proprio in una storia che privata di quelle interpretazioni perde molto del suo fascino. (Sa.Sa.)