di Pål Sletaune. Norvegia, Svezia, Germania 2011. Thriller (Nomad Film) Noomi Rapace, Kristoffer Joner, Vetle Qvenild Werring.
L’amore per un figlio spinge ai limiti, dell’abnegazione, della dedizione, ma anche dell’ansia e della paura. Oltre quel limite c’è solo la fantasia, che può essere molto pericolosa.
Anna apre la porta della sua nuova casa in un enorme caseggiato alla periferia di Oslo con diffidenza e paura. Ha portato lì di nascosto suo figlio Anders di 8 anni per sottrarlo a un padre violento e pericoloso. I funzionari dei servizi sociali le dicono che è al sicuro, che nessuno li troverà, che devono avere una vita normale. Ma Anna non vorrebbe nemmeno mandarlo a scuola Anders, e lo fa dormire ogni notte nel lettone con lei. Finchè non decide di comprare un babycall per vegliare su di lui a distanza. L’apparecchio però comincia a emettere strani suoni: niente di strano, gli dice il commesso del negozio, avrà intercettato la frequenza di un altro babycall nelle vicinanze. Solo che Anna sente urla, litigi, botte e si convince che c’è un bambino in pericolo. E accadono cose: lo strano amichetto di Anders, inquietanti disegni, un bosco misterioso. Anna ha un’unica certezza: nessun mostro farà del male al suo bambino.
Pål Sletaune (“Junk mail”, premio della critica a Cannes 1997) torna al thriller psicologico dopo l’apprezzato “Next door” (2005) presentato alle Giornate degli Autori a Venezia. Le atmosfere, le ambientazioni e anche le interpretazioni sono quelle rarefatte e di per sé “spaventose” dei paesi del Nord, che avevamo recentemente sperimentato nello splendido e pluri-rifatto “Lasciami entrare” di Tomas Alfredson (scommettiamo che a “Babycall” toccherà uguale sorte). Ma la qualità è inferiore. Siamo nel filone paranormale di cui “Il sesto senso” è moderno capostipite, nel gioco sottile tra realtà e immaginazione, ma come in altri film visti a questo Festival (su tutti “La femme du cinquième”) i nodi intrecciati anche abbastanza bene all’inizio vengono tagliati di netto e in fretta invece che sciolti con sapienza nel finale. (Sa.Sa.)