Una profezia che potrebbe avverarsi. L’amministrare delegato di Fiat Marchionne immagina per il mondo dell’auto una profonda trasformazione determinata dalla crisi economica. Così profonda che alla fine sul mercato ne rimarranno solo 6 di case automobilistiche: un costruttore americano, uno tedesco, uno europeo-giapponese (con una significativa estensione negli Stati Uniti), uno giapponese, uno cinese e un altro europeo. Insomma non c’è spazio per l’indipendenza. “Per fare soldi bisogna produrre almeno 5,5-6 milioni di veicoli all'anno - ha spiegato Marchionne - è quindi necessario fare delle aggregazioni”. La casa torinese ribadisce anche che il marchio ha l’obiettivo di far crescere ancora la propria quota in Italia e all’estero.
Ma, intanto, a novembre nel nostro Paese le vendite di automobili hanno registrato un crollo del 29,5%. Negli ultimi 11 mesi di quest’anno la flessione è del 13,5%. I primi sintomi sono manifestati quest’estate quando, al calo fisiologico dopo il boom del 2007, si sono aggiunti i primi effetti della recessione americana. E sono ferme dai rivenditori circa 200mila vetture a chilometri zero, per un valore medio di 3mila. Segno che nemmeno gli sconti hanno il potere di convincere le famiglie ad acquistare. Così, frena anche il mercato dell’usato che a novembre ha registrato un calo del 12,45%.
In controtendenza solo quella fetta di settore che riguarda le vetture a minimo impatto ambientale (Gpl, metano, ibride, ecc.) che per la prima volta nella storia del mercato automobilistico italiano, in novembre hanno superato la soglia del 10%.
Molti a questo punto guardano agli Stati Uniti e chiedono misure impellenti in sostegno di un comparto che incide pesantemente sull’intera economia del nostro Paese contribuisce alle entrate fiscali per circa il 22%. Un eventuale sostegno, ha spiegato, il governo deve essere concordato a livello europeo per evitare distorsioni del mercato, l’Unione però, finora ha rimandato. Forse l’esempio americano farà cadere gli ultimi dubbi.
E. T.