Governatore della Banca d'Italia (primo esterno a Palazzo Koch se si esclude l'esperienza di Einaudi subito dopo la guerra), prima direttore generale del Tesoro e regista delle privatizzazioni italiane, da oggi presidente della Bce.
E' prestigiosa e lunga la carriera inarrestabile di Mario Draghi, classe 1947, laureato nel 1970 in Economia all'Università di Roma con Federico Caffè per poi conseguire un Phd in una delle più autorevoli università statunitensi, il Massachussetts Institute of Technology.
Sposato, due figli, avviato alla carriera accademica, ricopre per 10 anni, dal 1981 al 1991, la cattedra di professore ordinario di economia internazionale all'Università di Firenze. Il suo ingresso al Ministero del Tesoro è nel 1983, con la nomina a consigliere economico.
Nei successivi sei anni la sua carriera si svolge a Washington, prima come direttore esecutivo della Banca Interamericana di Sviluppo e poi alla Banca Mondiale. Carica quest'ultima che ricoprirà fino al 1990, quando viene assunto come consulente economico dalla Banca d'Italia.
Nel 1998 firma il Testo Unico sulla Finanza con le nuove regole sull'Opa e sulla tutela dei piccoli azionisti, quella che sarà da allora conosciuta come Legge Draghi. Nel 1991 è nominato Direttore Generale del Tesoro, è membro del Comitato Monetario della Cee e del G-7 Deputies, nonché del Comitato di Gestione Sace. Dal '91 al '96 è nel Cda Imi e dal '93 presiede il Comitato per le Privatizzazioni. Dal '94 al '98 è presidente del G-10 Deputies.
Una carriera che ne fa il padre della nuova Opa, il gestore delle privatizzazioni, l'ambasciatore dell'economia italiana all'estero. Nei dieci anni trascorsi al ministero di via XX Settembre Mario Draghi contribuisce a rivoluzionare l'economia italiana e la finanza, portando ad investire in Borsa milioni di risparmiatori fino ad allora restii a rischiare sui mercati azionari e disposti a puntare solo su Bot e il classico mattone.
Nei dieci anni a via XX Settembre lavora al servizio di nove diversi governi: Andreotti, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema, ancora Amato e ancora Berlusconi. Sono i dieci anni che ''sconvolsero l'Italia'', trasformata dal Paese dei panettoni di Stato a uno dei membri di Eurolandia. Tasselli fondamentali di questa rivoluzione sono stati proprio la legge Draghi e le privatizzazioni.
Arrivato a Via Nazionale nel gennaio del 2006 (la sua nomina arriva alla fine del 2005 dopo le dimissioni di Antonio Fazio travolto dallo scandalo delle scalate a Bnl e Antonveneta) Draghi stravolge subito il rapporto tra banchieri e banca centrale italiana, dall'addio all'obbligo di comunicazione preventiva per le operazioni di fusione e aggregazione fino alle continue esortazioni alle banche sui costi di conti correnti e sulla gestione del risparmio in un'ottica più favorevole al cliente.
Nel pieno della crisi finanziaria il governatore spinge poi gli istituti di credito ad una ricapitalizzazione, per poi chiedere ancora un sacrificio in vista delle nuove regole europee appena pochi giorni.
Uno dei segni distintivi di Draghi è sempre stata la grande discrezione, da civil servant a governatore, a presidente del Fsb fino alla nomina a presidente della banca centrale europea nel pieno della tempesta che minaccia l'euro e l'Unione stessa, nell'occhio del ciclone di una crisi nata sull'altra sponda dell'Atlantico, ma che in quella europea, e soprattutto adesso in Italia, ha cambiato forma per diventare una miscela ancora piu' esplosiva per la tenuta del Vecchio Continente e per l'economia mondiale.