Economia


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Licenziamenti e stabilimenti chiusi. La crisi non risparmia Europa e Giappone

Le case automobilistiche ridimensionano vendite e profitti q

Capacità produttiva in eccesso, tagli all’occupazione, modelli invenduti. La crisi dell’auto è globale e coinvolge tutte le case produttrici chiamate a confrontarsi con lo spettro del fallimento.
E persino il colosso giapponese Toyota ha azzerato gli utili: gli impianto negli Stati Uniti e in  Canada  questo mese resteranno chiusi per due giorni e non verranno rinnovati 250 contratti a termine.
La Volkswagen, che in controtendenza  ha chiuso i primi nove mesi dell'anno con un utile netto in rialzo del 28,5% a 3,7 miliardi di euro e un fatturato di 85,4 mld,   ferma  per tre settimane il suo sito produttivo principale quello di Wolfsburg: la misura riguarda circa 16mila dipendenti.

La difficile congiuntura economica ha ridimensionato anche la scalata di Porsche a Vw , tanto che quest’anno la casa automobilistica di Stoccarda, probabilmente non supererà la soglia del 50% del capitale.

Si arrende ai dati anche la Bmw,  la casa tedesca ha già anticipato che non riuscirà a rispettare il target di 1,5 milioni di vendite quest'anno e per non appesantire gli stock ha ridotto di almeno 65mila unità la produzione rispetto ai piani iniziali allungando la pausa natalizia e ridimensionando i turni. In tutto saranno tagliati oltre 8mila contratti a termine.

La ricetta per far fronte al crollo delle vendite è per tutti la stessa: licenziamenti. Il  gruppo  Psa Peugeot Citroen ridurrà  2.700 dipendenti.
E la crisi ridisegna  anche alleanze e proprietà chiamando in causa la Cina, che almeno per il momento sembra non sentire gli echi del recessione che accomuna America ed Europa. La Ford sta, infatti, sta trattando con la cinese Changan la vendita della controllata svedese Volvo:  secondo alcune valutazioni l’operazione  potrebbe fruttare circa sei miliardi di dollari.  Le case cinesi sono solide perché  lo Stato è sempre rimasto azionista,  ma sono sei nel Paese del Sol Levante le case produttrici, troppe  in una fase in cui anche i cinesi riducono i consumi.
Mostra i primi cedimenti anche il gruppo Tata che all’inizio dell’anno ha acquistato Jaguar e Land Rover, due trofei dell'ex potenza coloniale inglese .

Non va meglio per Opel , controllata dall’americana Gm, che pensa di ridurre del 10% la produzione nel 2009 e intende portare a 30 ore la settimana lavorativa per contenere i licenziamenti.  La casa automobilistica tedesca intende chiedere aiuti per 1,8 miliardi di euro al governo tedesco nella speranza, non solo sua, che il gigantesco piano di aiuti all’industria dell’auto varato dall’America autorizzi Europa, Cina e Giappone a fare altrettanto. 

E. T.