Festival di Roma


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Tra i vampiri e Torino

Tornano i protagonisti di Twilight, 'L’industriale' di Montaldo attori_twilight_296

di Sandro Calice e Juana San Emeterio

Giornata di vampiri, ma anche di tragiche storie, al Festival del Film di Roma, mentre in concorso passano una commedia australiana e un thriller polacco.

In concorso ci sono “La Femme du cinquième” del polacco Pawel Pawlikowski, con Ethan Hawke e Kristin Scott Thomas, e l’australiano “The Eye of the Storm”, di Fred Schepisi, con Geoffrey Rush, Charlotte Rampling e Judy Davis. Fuori Concorso, sempre nella Selezione Ufficiale, sarà proiettato “Mon pire cauchemar” di Anne Fontaine, con Isabelle Huppert.

Tra i divi di casa nostra, tocca a Riccardo Scamarcio e Sergio Rubini, che incontreranno il pubblico nel Duetto per la sezione L’Altro Cinema | Extra. Prima dell’incontro, due proiezioni speciali: il corto documentario “Sergio Rubini un attore regista” di Gianluca Greco e “Io non sono io. Romeo, Giulietta e gli altri” di Paolo Santolini. Tra gli Eventi Speciali, l’inedito “L’illazione” di Lelio Luttazzi, seguito da un dibattito sul rapporto tra Luttazzi e il cinema.

L’INDUSTRIALE
di Giuliano Montaldo, Italia 2011.
 Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Elena Di Cioccio, Elisabetta Piccolomini, Francesco Scianna, Mauro Pirovano.

La crisi economica e il problema del lavoro ma anche la crisi personale che questo comporta arriva al Festival con questo film presentato Fuori concorso perché, afferma il regista Giuliano Montaldo:”Non ho più l’età per la gara”.

Siamo nella Torino operaia, tra scioperi e aziende che chiudono. Protagonista del film un industriale quarantenne (il bravo Pierfrancesco Favino) che ha ereditato l’azienda dal padre. Ma gli affari non vanno bene e l’uomo deve far fronte ai debiti della sua azienda: le banche si rifiutano di rifinanziare i suoi debiti, lui spera nella joint venture con una compagnia tedesca che salvi lui e i suoi operai, a cui chiede sostegno e fiducia. Lui, Nicola nel film, è orgoglioso e tenace e vuole risolvere i suoi problemi senza compromessi, senza l’aiuto di finanziarie al limite dell’usura, senza pagare tangenti o ricorrere all’aiuto di una suocera ricca e senza scrupoli. Il precipitare degli eventi professionali, mette in crisi anche il rapporto con sua moglie (Carolina Crescentini) fino a fargli sospettare di lei. La segue di nascosto, non le parla, la sente sempre più distante. Intanto gli ‘squali’ si affollano e tutto può precipitare.

Perché questo film? Giuliano Montaldo spiega di essere partito da una considerazione: ”quando sui giornali si legge che vengono bruciati milioni di euro ogni giorno, io non so chi siano questi piromani, ma so che tutti viviamo questo dramma, e so cosa ho visto girando per il nordest: manifestazioni, tante piccole aziende vuote, ed ho provato una grande angoscia”. ”Questa è una crisi devastante, continua il regista, che può distruggere un uomo, soprattutto se è circondato da quegli squali che si avventano su chi è in difficoltà. Non so dove si arriverà, ma girando a Torino e nel nord mi è sembrato che spesso la realtà superasse la finzione del film". La crisi e i modi diversi per affrontarla. L’industriale protagonista del film vuole salvare ad ogni costo l'impresa del padre e salvare anche gli operai che conosce da quando era ragazzo non come i molti senza scrupoli che prendono i guadagni e licenziano.E l'attore Favino fa un accorato appello: "Bisogna avere fiducia nei quarantenni". Una pellicola politica? Anche. Andrea Purgatori, co-sceneggiatore, sottolinea come nel film si è voluto mettere l’accento sull’idea che esistano nuove generazioni con dei valori forti, come i nostri protagonisti. Una storia personale? Forse in eccesso perché se il film ha una pecca e nell’indugiare nei problemi della coppia borghese fino ad un finale inaspettato e tragico. (J. S. E.)

LA FEMME DU CINQUIEME
di Pawel Pawlikovski. Francia, Polonia, Regno Unito 2011.
Drammatico (Memento Films) Ethan Hawke, Kristin Scott Thomas, Joanna Kulig, Samir Guesmi.

Ci sono gli ingredienti per un buon thriller, attori bravi, una bella fotografia, ma sono tutti elementi che alla fine restano per conto proprio. Tom Ricks è uno scrittore americano che arriva a Parigi per tentare di riconciliarsi con la ex moglie e la figlia di sei anni. L’incontro è disastroso e Tom viene anche derubato di tutto. Si ritrova così perduto nella periferia della città, dove rimedia una stanza nello squallido albergo di Sesar, che gli offre un misterioso lavoro come guardiano notturno, mentre ogni giorno va a spiare da lontano la figlia che la polizia gli ha impedito di avvicinare. A un party, al quale viene invitato per caso, viene folgorato da Margit, una donna affascinante e pericolosa. Comincia a vederla due volte a settimana, nella casa di lei, solo passione, senza entrare troppo l’uno nel passato dell’altro. Ma qualcosa non quadra.

Accadono violenze, sogni disturbati, cose scritte che sono passato vissuto o forse futuro immaginato. Tutto diventa un incubo, e Tom è proprio al centro. Pawel Pawlikovski, premio Bafta (gli Oscar britannici) all’opera prima per “Last resort” e premio Bafta al miglior film per “My summer of love”, ha buon mestiere nell’adattare per il grande schermo il romanzo “Margit” di Douglas Kennedy. Ma si perde anche lui nei meandri di questo thriller psicologico, e la bella storia sembra sfuggirgli di mano lasciando lo spettatore a farsi troppe domande. (Sa.Sa.)

THE EYE OF THE STORM
di Fred Schepisi. Australia 2011, commedia/drammatico (The Little Film Company)
Geoffrey Rush Charlotte Rampling Judy Davis John Gaden.

I conti e i bilanci si fanno sempre quando la vita è in pericolo, che sia al centro di un uragano o su un letto di morte.

Sidney, 1972. Elizabeth Hunter (Charlotte Rampling) è un’anziana e ricca signora che sta per morire, attorniata e servita da due infermiere, una cuoca tedesca e dall’avvocato di famiglia, Arnold Wyburd (John Gaden), da sempre e in silenzio innamorato di lei. Elizabeth, cinica, egoista, capricciosa, ha vissuto una vita piena, senza negarsi nulla, quasi sempre a spese degli altri, e nonostante abbia ancora un’energia e una vitalità contagiose, sente che la fine sta per arrivare e decide di convocare i suoi due figli, Sir Basil (Geoffrey Rush), attore a Londra, invecchiato aspettando la fama, e Dorothy (Judy Davis), moglie spiantata di un principe francese. E’ come se Elizabeth avesse bisogno di loro, che l’hanno allontanata anni prima sentendosi non amati, per ridefinire alcuni ricordi, per chiudere sentimentalmente certi capitoli della sua vita, forse per un non confessato desiderio di riconciliazione, prima di andarsene. Ma se hai seminato vento non puoi aspettarti il sereno, la ferocia dei ricordi, che Elizabeth usa per fare pace con se stessa, travolge tutti e risveglia dolori antichi, mentre tutti, ognuno a modo suo, si preparano all’addio.

Tratto dal romanzo omonimo di Patrick White, premio Nobel australiano per la letteratura nel 1973, “L’occhio dell’uragano” è un film sulla complessità dei rapporti familiari, sull’ipocrisia delle relazioni, qui amplificata dal contesto e dal periodo. Schepisi (“Sei gradi di separazione”, “Vizio di famiglia”) si appoggia molto a una sceneggiatura in punta di penna, con sicuri effetti umoristici, ma soprattutto alle splendide prove degli attori, Rampling su tutti. Se difetto c’è, è proprio in una storia che privata di quelle interpretazioni perde molto del suo fascino. (Sa.Sa.)