Terremoti ed eruzioni


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L'Etna ha tremato con la Turchia

L’eruzione del 23 ottobre sarebbe stata accelerata dal forte sisma in Turchia di magnitudo 7.2. Ma l’attività del Vulcano prosegue ad ogni modo autonomamente , a tal punto che diventano sempre più probabili il formarsi di una frattura superficiale sulla sua sommità, nella zona del cratere di Sud-Est, con inevitabile fuoriuscita di lava incandescente e

di Emanuela Gialli

L’eruzione del 23 ottobre sarebbe stata accelerata dal forte sisma in Turchia di magnitudo 7.2. Ma l’attività del Vulcano prosegue ad ogni modo autonomamente , a tal punto che diventano sempre più probabili il formarsi di una frattura superficiale sulla sua sommità, nella zona del cratere di Sud-Est, con inevitabile fuoriuscita di lava incandescente. Abbiamo sentito Domenico Patanè, direttore Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania.

E’ vero che l’ultima eruzione dell’Etna, del 23 ottobre, si può collegare in qualche modo al fortissimo terremoto di domenica scorsa in Turchia?
L’anno passato abbiamo fatto uno studio sulla possibile relazione tra grandi terremoti e l’attività eruttiva dell’Etna. In diverse occasioni siamo riusciti a riscontrare come il passaggio delle onde sismiche provenienti da grandi terremoti, anche distanti, possano influenzare il sistema vulcanico. In tali casi, è la parte gassosa dei fluidi magmatici che viene in qualche misura sollecitata dal passaggio di queste onde, le quali generano dei piccoli “soffi dinamici” che possono portare ad una accelerazione del processo eruttivo. Accelerazione che si ha però quando il vulcano è già pronto per eruttare. Queste casistiche le abbiamo osservate prima dell’eruzione del maggio 2008, avvenuta dopo il terremoto in Cina. E anche questa volta, dopo la forte scossa in Turchia, nel giro di qualche ora, è iniziata la fase eruttiva dell’Etna. In più, la sequenza dei fenomeni è stata molto veloce, perché in pochi minuti siamo passati dall’attività stromboliana alle fontane di lava.

Devono essere come diceva però terremoti molto forti. In Italia ogni giorno si registrano scosse sismiche. La scorsa settimana, la zona di Genova è stata interessata da uno sciame di 8-9 scosse in appena 10 minuti, la più forte di magnitudo 4 Richter. E poi in Abruzzo e nella stessa Sicilia. Ma non sono così influenti?
No, infatti. Deve trattarsi di sismi almeno di magnitudo 6, che alla fine mettono in vibrazione tutto il globo terrestre e generano onde sismiche.

E’ successo anche dopo il grave sisma del 2009 in Abruzzo?
Quasi contemporaneamente registrammo un aumento delle deformazioni delle aree magmatiche. A livello regionale, queste dinamiche possono riflettersi anche sui vulcani, che non sono altro che delle finestre aperte sull’interno della Terra e quindi possono registrare questi processi a più ampia scala.

Domenica scorsa, dunque, una nuova eruzione, la diciassettesima dall’inizio dell’anno, ma è dallo scorso maggio che forse si sta registrando il maggior numero di eventi. Si può dare un significato alla frequenza delle eruzioni dell’Etna?
Sicuramente sì. Dal mese di luglio c’è stato un aumento della frequenza dei fenomeni eruttivi, con un intervallo tra un’attività e l’altra di 6-8 giorni al massimo. Questo perché a maggio abbiamo rilevato una risalita di magma di notevole quantità, che ha determinato una maggiore frequenza delle eruzioni. La spiegazione è data dal fatto che si è strutturata una “camera magmatica” al di sotto dei crateri sommitali, a circa 1000-2000 metri sopra il livello del mare, e questa “camera” non fa altro che smistare il magma che arriva dal profondo, ha il tempo di accumulare il gas e di produrre, superata una certa soglia, le eruzioni. E’ come se avessimo a che fare con un geiser. Da settembre invece i tempi si sono allungati, passando da 7 a 10 giorni di intervallo e, questa volta, a 15 giorni: l’ultima eruzione infatti prima di quella del 23 ottobre era avvenuta l’8. Se la camera di stoccaggio è colma, dunque, le eruzioni sono più frequenti, se è vuota o comunque meno colma, i fenomeni sono più diradati nel tempo. Non è esattamente così, ma sicuramente una maggior quantità di magma nella camera superficiale, e soprattutto di gas nello stesso magma, favorisce alcuni meccanismi eruttivi come quelli che stiamo registrando.

Questo vuol dire che la grande eruzione di cui si è parlato in particolare a luglio, che avrebbe dovuto liberare le viscere del Vulcano dall’eccesso di magma, forse non ci sarà, perché in questi mesi vi è stato un rilascio graduale di materiale incandescente?
Allo stato attuale non stiamo registrando nessun segnale di un apporto significativo di magma che potrebbe produrre un’eruzione del genere. L’apporto è al momento piccolo e continuo: ci sono rigonfiamenti, seguiti da sgonfiamenti nell’area sommitale. Quindi, se questa situazione dovesse permanere, pensiamo che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi l’attività potrebbe proseguire nella stessa misura e con lo stesso ritmo.

La “camera di stoccaggio del magma”, che si trova un chilometro sotto la sommità del Vulcano, si è formata nell’ultimo periodo o esiste già da tempo?
Già dal 2007 abbiamo cominciato a osservare che al di sotto dei crateri centrali dell’Etna c’era una zona di accumulo del magma. Ma in questa forma, con questa geometria, la stiamo registrando solo dalla metà del 2010-inizio 2011. Dobbiamo tenere presente però che, come ogni sistema naturale, è destinata a modificarsi. Anche in passato si erano formate zone di accumulo, poi nel tempo sono variate. Attualmente, abbiamo altre zone di accumulo di magma in profondità, a 2-3 chilometri e intorno ai 10-12 chilometri al di sotto del livello del mare. Dalle indagini di tomografia sismica svolte nell’ultimo decennio, all’Etna in effetti non sembra essere presente una grande “camera magmatica” come esiste invece in altri vulcani.

Le camere magmatiche sotto il mare potrebbero generare eruzioni sottomarine?
No, queste zone di accumulo sono in asse rispetto ai crateri centrali del vulcano. Siamo quindi sempre “entroterra”. Ma se dovesse cambiare l’apporto di magma dal profondo, la più probabile modifica avverrebbe nella zona del nuovo cratere Sud-Est che ha prodotto le ultime eruzioni. Si potrebbe aprire cioè una frattura eruttiva sommitale, come già accaduto nel 2006 e nel 2008, con conseguente fuoriuscita di lava, ma in condizioni tranquille, per gli abitanti etnei, perché, in questo caso, le colate confluirebbero nella Valle del Bove. I maggiori disagi invece deriverebbero come sempre dall’emissione di cenere.

Che dimensioni ha la “camera” sommitale in questo momento?
Ovviamente, noi non vediamo direttamente il magma, ma abbiamo un’idea della sua posizione e geometria attraverso la localizzazione del “tremore vulcanico”, che ci dà indicazioni di un volume che vibra a seguito dei gas contenuti nel magma. Questa zona di accumulo riteniamo possa avere dimensioni di poco meno di un chilometro in larghezza, per 3-400 metri di spessore. Il nuovo progetto europeo, il MED-SUV (Mediterranean Supersite Volcanoes), se finanziato, consentirà dal prossimo anno di avviare indagini di dettaglio sulla struttura dell’Etna e delle sue radici.

Quali sono i tempi?
Si tratta di un esperimento di sismica attiva e passiva, programmato già dal secondo anno. Prevede l’impiego di una nave di appoggio per eseguire delle esplosioni in mare e per posizionare sismografi da fondo marino (OBS). Ma verranno fatte anche esplosioni a terra, in modo da generare artificialmente le sorgenti sismiche, per poi registrarle con una rete molto densa. Ci vorrà inoltre il tempo di elaborazione dei dati raccolti, per avere un’immagine tomografica del Vulcano.