Giornata dei Diritti Umani


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I diritti umani compiono 60 anni

Il 10 dicembre 1948, l’assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani c

Il 10 dicembre 1948, l’assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Con alle spalle la tragedia della Seconda guerra mondiale, i capi di Stato e di governo di allora furono in grado di superare i campi politici contrapposti e votarono la Dichiarazione senza neanche un voto contrario.

Oggi, a 60 anni di distanza, la situazione non è più la stessa. Se un numero sempre maggiore di Paesi ha acquisito negli anni garanzie costituzionali e legali per il rispetto dei diritti umani, di fronte alle nuove crisi umanitarie i leader mondiali non mostrano unità di vedute né strategie comuni. Contrasti esistono anche in seno ai singoli Paesi, che ostentano atteggiamenti contraddittori fra la loro politica estera e interna. Come ha ricordato l’organizzazione Amnesty International, i governi europei hanno mostrato una certa inclinazione per i doppi standard. Se l’Ue si riconosce come un’ “unione di valori, unita dal rispetto per lo Stato di diritto, impegnata per la tolleranza, la democrazia e i diritti umani”, nel 2007 sono emerse prove che vari Stati membri hanno trasferito illegalmente prigionieri verso i Paesi in cui sono stati sottoposti a torture. E nonostante i richiami del Consiglio d’Europa, nessun governo ha indagato a fondo.

Sta di fatto che poche sono le regole comuni sulla difesa dei diritti umani all’interno dell’Ue, e l’Agenzia per i diritti fondamentali, creata nel 2007, ha un mandato talmente limitato da non poter richiamare gli altri Stati al rispetto delle regole. In un simile contesto, viene meno l’autorevolezza dell’Europa nel pretendere la difesa dei diritti fondamentali dai paesi extraeuropei. Fra questi, le potenze emergenti come Cina e India, hanno una capacità sempre maggiore di pesare politicamente ed economicamente nelle scelte dei singoli Paesi. Come nel caso del Myanmar, dove in seguito alle dure repressioni delle manifestazioni contro il regime, Usa e Ue hanno espresso condanne e rafforzato l’embargo, ma la situazione dei diritti umani di fatto non è cambiata. Dietro a questa situazione sta la Cina, secondo partner commerciale del Myanmar. Pechino difende il suo aiuto a governi che violano i diritti umani sostenendo che questi sono una “questione interna”.

Eppure, i diritti umani non appartengono né all’Occidente né all’Oriente. Come affermò l’Assemblea generale dell’Onu nel 1948, i diritti umani sono “universali” e la chance del loro successo dipende anche dalla capacità che avranno le Nazioni Unite di affermarsi a livello internazionale. Il successo più recente dell’Onu è stato, lo scorso settembre, l’approvazione della Dichiarazione dei diritti dei Popoli indigeni. Il voto e’ giunto dopo un dibattito durato 20 anni e due mesi dopo che l’Australia aveva votato contro; il nuovo governo del premier Rudd ha presentato le scuse ufficiali per le sofferenze inflitte dai governi precedenti ai popoli indigeni.

Ma proprio oggi, l’organizzazione Reporters sans Frontières ha reso pubblico un nuovo bilancio del Consiglio dei Diritti umani nelle Nazioni Unite, in cui si denuncia l’ostruzionismo di alcuni governi repressivi in seno al Consiglio Onu.

L. M.


Nella foto. Eleanor Roosvelt mostra la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948