Il panorama politico, a poche ore dalle elezioni per l'Assemblea Costituente, resta quanto mai nebuloso per la maggior parte dei tunisini, davanti a 116 partiti ufficialmente riconosciuti (e con una cinquantina bocciati o 'rimandati') e migliaia di liste, molte indipendenti, quasi tutte di area riformista. Il partito con la maggior visibilità è l'islamista Ennahdha, anche per via delle recenti dichiarazioni del suo leader Rached Ghannouchi che, dicendosi certo di ottenere la maggioranza dei consensi, ha insinuato che un risultato diverso sarebbe dovuto a brogli elettorali.
Il programma di Ennahdha è fortemente condizionato dalla sua matrice religiosa, ma i suoi esponenti hanno sempre sostenuto di essere portatori di una islam moderato dicendo di ispirarsi al 'modello turco' dell'Akp ('Giustizia e Sviluppò) di Erdogan e di avere preso le distanze dalla ideologia dei suoi esordi che lo poneva vicino ai Fratelli musulmani. Altra formazione che potrebbe raccogliere molti consensi è quella dichiaratamente riformista della coalizione Pole Démocratique Moderniste (Pdm), che raggruppa il movimento Ettajdid, il Partito socialista di sinistra, il Partito repubblicano, il movimento Tariq al Wassat. Sempre in un'area riformista, ma con una posizione autonoma, é il Parti Démocratique Progressiste (Pdp).
Altro partito che, secondo il suo segretario generale Mustapha Ben Jaafar, si prepara a governare e quindi confida in un risultato positivo, é 'Ettakatol', Foro democratico per il lavoro e le libertà, che nelle ultime settimane ha denunciato molti attacchi a sedi e attivisti. Discreta presa presso l'elettorato paiono avere anche l'Union Patriotique Libre (Upl), il Parti pour le Progrés (Ppp) e il Parti Réformiste Destourien (Prd). All'estrema sinistra si pone il Partito comunista dei lavoratori della Tunisia.