di Sandro CaliceBAR SPORT
di Massimo Martelli, Italia 2011, commedia (01 Distribution)
Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Angela Finocchiaro, Antonio Catania, Bob Messini, Antonio Cornacchione, Lunetta Savino, Teo Teocoli, Roberta Lena, Stefano Bicocchi, Aura Rolenzetti.
Dispiace per chi non è mai passato per un Bar Sport nella sua vita. Una sosta di formazione, un teatro di archetipi, l’ultimo baluardo della tradizione orale.
La trama è necessariamente un elenco, una sfilata di personaggi che in quel luogo intrecciano storie, molto spesso inventate. Il barista è Antonio, detto Onassis a causa del proverbiale braccino corto. Immancabile è il Tennico (Bisio), l’esperto delle discussioni da bar, quello che sa tutto e che se non sa improvvisa. Il “cattivo” è Muzzi (Catania), cinico e lamentoso, comunque un punto di riferimento. Lo scemo è Cocosecco (Messini), ingenuo e dall’innamoramento facile. E poi Bovinelli (Cornacchione), il tuttofare incapace, Angela e Lunetta (Finocchiaro e Savino), anziane signore che parlano sempre di disgrazie che molto somigliano ai vecchietti del Muppet Show, il playboy (Teocoli), che non passa sempre ma quando passa ne ha sempre una, epica, da raccontare. E ancora Elvira lire tremila, dall’indubbia professione che si tiene in allenamento con i mottarelli, Clara la cassiera, di una bellezza devastante, Poluzzi, l’innamorato sempre attaccato al telefono, Pinotti, l’inventore che si presenta con una Cinquecento con le portiere saldate e tutta piena d’acqua, e innumerevoli altri. Tutti o quasi devono conoscere le storie di Piva, l’ala destra dal tiro nucleare, e del grande Pozzi, il ciclista che aveva vinto tutto e che non aveva più avversari, tranne uno. E su tutti, maestosa e terribile, incombe la Luisona, la decana delle paste, lì in esposizione dal 1959, aspettando il malcapitato che oserà affrontarla.
Il libro di Stefano Benni, del 1976, è considerato un classico della letteratura umoristica italiana. Martelli (“Per non dimenticare”, “Il segreto del successo”) ci ha messo anni a convincere lo scrittore a dare l’autorizzazione per trarne un film. E’ un libro in cui ogni capitolo parla di un personaggio, di un oggetto, di un racconto o di un evento. Farne un film era veramente un’impresa, e Martelli ci riesce solo parzialmente. Si capisce che ci ha messo l’anima e la passione di una vita, ma l’effetto comico, troppo legato alle costruzioni linguistiche di Benni, in alcuni passaggi appare sfumato. E anche alcuni personaggi (bravi quasi tutti gli attori, memorabile il cameo di Teocoli) sembrano soffrire in qualche momento di una coralità necessariamente costruita per il film ma poco funzionale alla loro esaltazione. Resta un film delicato, con una comicità non volgare (la cosa che è piaciuta di più allo stesso Benni dopo la visione del film), che rimanda ad Avati e a Nichetti per l’amore per la provincia e per certe soluzioni narrative, nostalgico quanto basta, attuale quanto desideriamo.